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lettere ed Editoriali
dalla Diocesi


Lettera pastorale per il 2018/2019
«Cresce lungo il cammino il suo vigore»,
«Il popolo in cammino verso la città santa, la nuova Gerusalemme»

DOMENICA 8 LUGLIO 2018
Dal sito della Diocesi di MIlano. Sunto di Pino NARDI


      
La Lettera pastorale dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, per l’anno 2018/2019, dal titolo "Cresce lungo il cammino il suo vigore" (Centro Ambrosiano, 120 pagine, 4 euro). Con il sottotitolo «Il popolo in cammino verso la città santa, la nuova Gerusalemme», il testo guiderà la vita pastorale delle nostre comunità cristiane per il prossimo anno pastorale, aiutando gli operatori pastorali e i sacerdoti a vivere con sempre maggiore fedeltà al Vangelo

      Una Chiesa in cammino, che non teme di riformarsi e leggere i segni dei tempi per una testimonianza che si fa gioia e speranza per gli uomini di oggi. La prima Lettera pastorale dell’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, è già a disposizione per la riflessione di tutti, credenti e persone di buona volontà. Cresce lungo il cammino il suo vigore (Centro ambrosiano, 120 pagine, 4 euro) sarà nelle librerie cattoliche da lunedì 16 luglio.

      Delpini sviluppa la sua proposta partendo dalla «consapevolezza di essere la Chiesa in debito verso questo tempo e questo mondo».

La lezione attuale di Montini
Una Lettera pastorale intrisa di ammirazione per il suo predecessore Giovanni Battista Montini, più volte richiamato come esempio da rilanciare e approfondire: «Mentre ci prepariamo alla canonizzazione del beato papa Paolo VI chiedo la sua intercessione perché la sua preghiera ci accompagni. Invito a riprendere la sua testimonianza e a rileggere i suoi testi, così intensi e belli, perché il nostro sguardo su questo tempo sia ispirato dalla sua visione di Milano, del mondo moderno e della missione della Chiesa».

Un coraggioso rinnovamento della Chiesa
Una Chiesa che si riforma sempre, che non si siede sul già sperimentato, ma che vive pienamente il tempo: «Siamo un popolo in cammino. Non ci siamo assestati tra le mura della città che gli ingenui ritengono rassicurante, nella dimora che solo la miopia può ritenere definitiva». Invita a «pensare e praticare con coraggio un inesausto rinnovamento/riforma della Chiesa stessa», perché «la Chiesa non assolutizza mai forme, assetti, strutture e modalità della sua vita». E ancora: «Non ha fondamento storico né giustificazione ragionevole l’espressione “si è sempre fatto così” che si propone talora come argomento per chiedere conferma dell’inerzia e resistere alle provocazioni del Signore che trovano eco nelle sfide presenti».
      «Viviamo vigilando nell’attesa – continua Delpini -. Viviamo pellegrini nel deserto. Non siamo i padroni orgogliosi di una proprietà definitiva che qualche volta, eventualmente, accondiscende all’ospitalità; siamo piuttosto un popolo in cammino nella precarietà nomade. Possiamo sopravvivere e continuare la rischiosa traversata perché stringiamo alleanze, invochiamo e offriamo aiuto, desideriamo incontri e speriamo benevolenza. Perciò i pellegrini, persuasi dalla promessa, percorrono le vie faticose e promettenti, si incontrano con altri pellegrini e si forma un’unica carovana: da molte genti, da molte storie, da molte attese e non senza ferite, non senza zavorre».

Per una Chiesa dalle genti
L’Arcivescovo richiama il cammino fin qui svolto in occasione del Sinodo «Chiesa dalle genti», che si concluderà il 3 novembre. Affronta il tema della ricchezza anche ecclesiale che nasce dal dialogo di popoli e persone presenti a Milano e in Diocesi: «La Chiesa si riconosce “dalle genti” non solo perché prende coscienza della mobilità umana, ma, in primo luogo, perché, docile allo Spirito, sperimenta che non si dà cammino del Popolo di Dio verso il monte dell’alleanza piena se non dove, nel camminare insieme verso la medesima mèta, si apprende a camminare gli uni verso gli altri. L’incontro, l’ascolto, la condivisione permettono di valorizzare le differenze, lo specifico di ciascuno, impongono di riconoscere i doni ricevuti dalla tradizione di ciascuno».
      
Mettendo da parte paure, incomprensioni e muri che oggi sembrano prevalere nel dibattito pubblico: «Non si può immaginare perciò che il popolo in cammino viva di nostalgia e si ammali di risentimento e di rivendicazioni, perché proprio per questo si è deciso il pellegrinaggio, per uscire da una terra straniera e da una condizione di schiavitù». Perciò «ci facciamo compagni di cammino di fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno nella vita; uomini e donne in ricerca, che non si accontentano dell’immediato e della superficie delle cose».
      
In questo contesto i cristiani si devono porre con la «predisposizione degli animi», che «significa la disponibilità a percorsi di riflessione, preghiera, iniziative e significa rinnovata docilità al vento amico dello Spirito che spinge al largo, cioè all’audacia e alla fortezza, alla pazienza e alla sapienza per delineare i tratti della Chiesa cattolica».

Giovani che non si scoraggiano
Un’attenzione particolare l’Arcivescovo la dedica ai giovani, nell’anno nel quale si celebra il Sinodo dei vescovi voluto da papa Francesco: «È tempo, io credo, di superare quel senso di impotenza e di scoraggiamento, quello smarrimento e quello scetticismo che sembrano paralizzare gli adulti e convincere molti giovani a fare del tempo della loro giovinezza un tempo perso tra aspettative improbabili, risentimenti amari, trasgressioni capricciose, ambizioni aggressive: come se qualcuno avesse derubato una generazione del suo futuro. La complessità dei problemi e le incertezze delle prospettive occupazionali non bastano a scoraggiare i credenti».

La cura della Parola a Messa e nella preghiera
Delpini invita a una cura particolare alla Messa domenicale, in particolare nell’annuncio della Parola, a una spiritualità alimentata dalla preghiera: «Non si può essere ingenui o affidarsi all’emotività nell’accostarsi a quel libro straordinario che è la Sacra Scrittura. È quindi necessario che l’insegnamento catechistico, la predicazione ordinaria, il riferimento alla Scrittura negli incontri di preghiera, nei percorsi di iniziazione cristiana, nei gruppi di ascolto, negli appuntamenti della Scuola della Parola siano guidati con un metodo e condotti con sapienza. Ma la guida del metodo deve essere adeguata agli interlocutori e soprattutto deve aiutare a riconoscere nella Sacra Scrittura quell’offerta di luce, di forza, di gioia, che viene dalla potenza della Parola di Dio».

Dalla Missione di Milano alla nuova evangelizzazione
Dalla preghiera alla testimonianza per la nuova evangelizzazione. Anche su questo Delpini non manca di riprendere la lezione montiniana: «Siamo chiamati a condividere lo spirito con cui ha promosso e vissuto la Missione di Milano del 1957 e le motivazioni che lo hanno convinto a visitare i continenti e a orientare il Concilio Vaticano II al confronto, al dialogo, alla simpatia per il mondo, per una responsabilità di evangelizzazione. Come ci consiglia papa Francesco, rileggere l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi sarà un modo per vivere la canonizzazione non solo come una celebrazione, ma come occasione per rendere ancora fecondo il magistero di Paolo VI».
      
Una nota critica non manca verso chi frequenta la comunità, ma rimane impermeabile su questioni decisive: «Anche frequentatori assidui degli ambienti parrocchiali sono spesso insensibili alle proposte di partecipazione costruttiva all’impresa comune di rendere più abitabile il mondo e più solidali le relazioni. Il buon vicinato è la pratica possibile a tutti, ma per i discepoli del Signore è una forma di obbedienza al comandamento del Signore e di condivisione di una speranza più alta».

Custodire e rilanciare l’umanesimo cristiano
La presenza dei cristiani nella società va rilanciata, anche perché – sottolinea l’Arcivescovo – «sentiamo la responsabilità di custodire la preziosa eredità dei nostri padri, quell’umanesimo cristiano in cui si integrano la fede, il senso pratico e la speranza, la cura per la famiglia e per la sua serenità, la gioia per ogni vita che nasce, la responsabilità dell’amore, la serietà della parola data, la fierezza per il bene che si compie e insieme un senso del relativo che aborrisce ogni esibizionismo, una inclinazione spontanea alla solidarietà e una prontezza nel soccorrere, la serietà professionale e l’intraprendenza operosa, l’attitudine a lavorare molto e la capacità di fare festa, una radicata fiducia verso il futuro e una vigile capacità di risparmio e programmazione. Avvertiamo tuttavia che l’evoluzione contemporanea sembra condannare all’irrilevanza quell’armonia di valori che forse descriviamo in modo un po’ idealizzato, ma che hanno offerto l’ispirazione a molte iniziative, istituzioni, forme di presenza nella vita sociale e politica».

La dottrina sociale è una benedizione
In ogni caso l’impegno sociale e politico dei cristiani guarda avanti, con uno stile di dialogo e confronto, non urlato: «L’annuncio e la pratica dell’umanesimo cristiano non si traducono in un richiamo a leggi e adempimenti, non si intristiscono nella nostalgia di un’altra cultura e di un’altra società, come se rimpiangessimo un’egemonia, non si intimidiscono di fronte a stili di vita e a slogan troppo gridati e troppo superficiali». Infatti, «la proposta cristiana si offre come una benedizione, come l’indicazione di una possibilità di vita buona che ci convince e che si comunica come invito, che si confronta e contribuisce a definire nel concreto percorsi praticabili, persuasivi con l’intenzione di dare volto a una città dove sia desiderabile vivere. La dottrina sociale della Chiesa, il magistero della Chiesa sulla vita e sulla morte, sull’amore e il matrimonio, non sono una sistematica alternativa ai desideri degli uomini e delle donne, ma sono una benedizione».

Cristiani non timidi, ma profeti in dialogo
In un contesto affollato di populismi e nazionalismi, Delpini richiama a una testimonianza coraggiosa dei cristiani, che «si esprimano e siano capaci di tessere alleanze per proporre, difendere, tradurre in pratiche persuasive quei tratti dell’umanesimo cristiano che contribuiscono alla qualità alta della vita delle comunità, delle famiglie, di ogni uomo e di ogni donna. La presenza di molti cristiani in ogni ambiente di vita non può essere mascherata per timidezza, per un complesso di inferiorità, per la rassegnazione a una separazione inguaribile tra i valori cristiani e la logica intrinseca e indiscutibile della realtà mondana».
      
I cristiani «sono profeti, hanno proposte, hanno soluzioni, hanno qualche cosa da dire nel dialogo con tutti gli uomini e le donne di buona volontà».

La Commissione per la promozione del bene comune
Per alimentare questa testimonianza l’Arcivescovo annuncia la creazione di una «Commissione per la promozione del bene comune», come «stimolo ed esempio, strumento per attivare questo stile cristiano di presenza dentro una società e una politica in piena trasformazione».

PUBBLICATO DOMENICA 8 LUGLIO 2018
Dal sito della Diocesi di MIlano. Sunto di Pino NARDI

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Milano, 6 febbraio 2018 - Editoriale diocesano

             Sinodo minore “Chiesa dalle genti”. La fase di ascolto: passi semplici e gesti impegnativi

      Con la pubblicazione delle tracce per la condivisione, il Sinodo minore è entrato in un momento cruciale del suo percorso. La fase di ascolto ha a disposizione tutti gli strumenti (testo guida + tracce) utili a dare vita a un grande e costruttivo dibattito. Attori da coinvolgere: il corpo ecclesiale, nelle sue diverse figure (consigli pastorali, ministri ordinati e consacrati, giovani, operatori della carità), ma anche tutte le persone che desiderano misurarsi con le domande che la Diocesi di Milano si sta ponendo, proprio perché ne condividono il carattere di urgenza e la capacità di futuro (mondo della scuola, amministratori locali, servizi territoriali rivolti alla persona).
      Dal grado di coinvolgimento e dalla qualità dell’ascolto che avremo saputo creare dipenderà l’esito del percorso sinodale. Perché sia, come l’Arcivescovo ci ha chiesto, un evento di popolo, occorre che questa fase sia curata e molto diffusa: solo così potremo giungere al successivo momento di costruzione e definizione delle proposte sicuri che i discorsi che intavoleremo non sono il frutto delle convinzioni di pochi ma l’esito di un sicuro processo di ascolto del “fiuto” del popolo di Dio (sensus fidei).
      Essere Chiesa dalle genti: per giungere a realizzare un simile cammino di conversione occorre in questa fase di ascolto miscelare allo stesso tempo gesti impegnativi e passi abbastanza semplici. Gesti impegnativi: è necessario scegliere di vedere, come dice il documento preparatorio, oltre la superficie del quotidiano, le gesta di Dio che si stanno realizzando dentro situazioni e avvenimenti che a prima vista ci appaiono non chiari e non facili da affrontare. Passi abbastanza semplici: basta iniziare ad impegnarsi in questo ascolto, e subito ci accorgeremo che sono tanti i percorsi di conversione già avviati e i sentieri intrapresi.
      La Chiesa dalle genti è già tra noi: il difficile è riuscire a vederla, superando le paure e le stanchezze che come un velo ci coprono gli occhi, impedendoci di contemplare ciò che lo Spirito santo già opera dentro le nostre vite.

mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”
Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

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Milano, 8 gennaio 2018 - Editoriale diocesano

Potente è la tua mano, Signore. Introduzione alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

“Potente è la tua mano, Signore (Es 15,6)” è il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2018: il cantico celebra la vittoria di Dio contro le forze del male in relazione all’evento fondatore della fede di Israele. In Diocesi è stato indetto un Sinodo minore dal titolo “Chiesa dalle genti”, che vuole rileggere i processi di cambiamento in atto per coglierne l’azione dello Spirito.
Processi che riguardano tutte le chiese cristiane, anch’esse rinnovate dalla presenza di fedeli da tutto il mondo.
Il programma della Settimana si caratterizza per le celebrazioni dei vesperi secondo le diverse tradizioni, così da offrire la possibilità di incontrare una comunità che celebra la sua fede.
Il 25 gennaio nel Tempio Valdese, alla presenza di mons. Delpini, verrà celebrato il 20° anniversario dalla nascita del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, che ebbe un forte impulso dal cardinal Martini.
Il cammino di questi anni è stato entusiasmante e non sempre facile: si sono superate le diffidenze iniziali con una stima fiorita in vera amicizia.
La situazione oggi è molto diversa, come dice il convegno del 20 gennaio dal titolo “Ecumenismo 2.0”, teso a sottolineare ciò che lo Spirito sta suscitando.
La serata per i giovani del 22 gennaio in sant’Ambrogio vede coinvolte le comunità giovanili ortodosse romene, copte, russe, e quella metodista che ha al suo interno un gruppo di giovani ghanesi; per la nostra Diocesi hanno collaborato la Pastorale Universitaria e i Movimenti.
Una preghiera, una cena in cui ciascuno porta piatti tipici del proprio paese, e tanti canti natalizi (liturgici e popolari) delle diverse tradizioni eseguiti a turno dalle varie comunità.
Incontrarsi e riconoscersi reciprocamente porta a scoprire che il cuore di ciascuno ha le stesse domande e gli stessi desideri, e l’affetto per la persona di Gesù ci fa sperimentare, nella diversità suscitata dallo Spirito, che siamo fratelli perché figli di un unico Padre.

diac. Roberto Pagani
Responsabile Servizio per l'Ecumenismo e il Dialogo
Arcidiocesi di Milano

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Milano, 12 dicembre 2017 - Editoriale diocesano

Il cantico dei pastori. Natale, testimonianza da offrire.

Nel mio presepe quest’anno non ho costruito colline né disegnato cieli stellati, non ho messo statuine d’arte né meccanismi portentosi che muovono braccia di fabbri, accendono luci, trascinano pecore verso la grotta di Betlemme. Quest’anno il mio presepe è fatto di musica e parola, è un presepe di cantici.
Se potete fare silenzio e vi ponete in ascolto, riuscirete forse a sentire anche a casa vostra il cantico dei pastori del mio presepe. Il cantico dei pastori è testimonianza.
Non abbiamo meriti, non abbiamo sapienza, non abbiamo mandato. Abbiamo visto e rendiamo testimonianza.

Siamo stati disturbati nella notte e invitati a partire: ma vi diciamo che ne valeva la pena.
L’umiltà del Bambino incoraggia anche noi che non valiamo niente e non godiamo di nessun prestigio a dire una parola, a contagiare con la gioia, a invitare al cammino. Siamo testimoni: non attiriamo l’attenzione su noi stessi, ma siamo lieti che anche voi andiate fin là, dove c’è il motivo della nostra letizia.
Siamo testimoni: dobbiamo dire semplicemente quello che abbiamo visto e nessun complicato ragionamento, nessun disprezzo che ci mette in ridicolo, nessuna minaccia che ci vuole zittire, nulla può convincerci a tacere quello che ci è stato donato. Siamo stati amati. Proprio noi, povera gente da nulla, siamo stati amati e quel bambino ci ha resi capaci di amare. Di questo diamo testimonianza.
I pastori sono testimoni e il loro cantico condivide la sorpresa, l’esperienza e il suo frutto.

mons. Mario Delpini
Arcivescovo di Milano

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Milano, 5 ottobre 2017 - Editoriale diocesano

Accogliere l’Arcivescovo Mario: la bellezza di un cammino di concretezza

Ci ha colpito tutti l’intensità della preghiera liturgica e nello stesso tempo la scioltezza familiare con cui si è presentato e noi abbiamo accolto il nostro nuovo Arcivescovo Mario Delpini. Mi è sembrato che questo possa essere lo stile per il cammino della nostra Chiesa: siamo Chiesa che nella celebrazione domenicale contempla l’opera di Dio e nello stesso tempo si sente sicura, aperta, e sciolta. Sicura di essere amata dal suo Signore. Sciolta da paure che non la rendono capace di vedere di quante pietre vive e preziose è composta, e di appassionarsi ad essere un segno della Gerusalemme nuova che l’Agnello va costruendo con il dono del suo sangue. Sciolta dall’inerzia del “si è sempre fatto così” e aperta ad imparare a fare, a tutti i livelli, un “cammino insieme”, che è sempre opera dello Spirito santo, che è disciplinato nell’agire e coraggioso nelle riforme necessarie nel cambiamento d’epoca che stiamo attraversando.

Abbiamo accolto “l’Arcivescovo”. Noi ambrosiani siamo fatti così: accogliamo l’Arcivescovo perché è l’Arcivescovo, così come accogliamo il Parroco perché è il Parroco. Qualche volta anche noi siamo tentati di personalizzare la figura vescovo, creando tifosi e avversari per i più svariati motivi, ma credo che lo stile dell’Arcivescovo Mario ci aiuterà a ritrovare la scioltezza e la bellezza di un cammino che continua, senza perdere nulla dei passi fatti, anzi valorizzandoli per procedere insieme nel cammino. Personalmente ritengo che il nostro non sia il tempo del “ricominciare da capo” o degli “effetti speciali che ci stupiscono”, piuttosto quello della concretezza, del creare insieme condizioni che ci rendano vicini, solidali, contenti di vedere altri, i piccoli e i poveri, a loro volta contenti.

Abbiamo accolto l’Arcivescovo “Mario”. Con la sua originalità, il suo stile, la sua storia e il suo cammino. Abbiamo già condiviso con lui molti anni nel servizio alla Chiesa, e moltissimi lo hanno incontrato nelle sue visite alle parrocchie e ai Decanati. “Un editto che vorrei enunciare – ha detto qualche settimana fa scherzando, ma non troppo - è che è proibito lamentarsi su come vanno le cose, ma essere gente che, prendendo visione delle cose, mette mano ad aggiustare questo mondo, senza presunzione di avere ricette già pronte, proprio perché siamo tutti chiamati a mettere a frutto la vocazione che abbiamo ricevuto, ognuno con i propri carismi”. Credo proprio che il nuovo Arcivescovo ci farà lavorare tanto! E ci farà lavorare “insieme”.

+ Franco Agnesi
Vicario episcopale

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Milano, 19 luglio 2017 - Editoriale diocesano
Lettera del Comitato per l’Ingresso dell’arcivescovo Mario Delpini con breve presentazione dell'ingresso solenne

Ai fedeli dell'Arcidiocesi di Milano

Lo scorso 7 luglio il Santo Padre papa Francesco ha accolto la rinuncia all'ufficio di Arcivescovo di Milano presentata dal cardinale Angelo Scola e ha nominato nuovo Arcivescovo di Milano Sua Eccellenza mons. Mario Delpini, finora Vicario Generale della nostra Diocesi Ambrosiana.
Questo annuncio, accolto con gioia dai fedeli di tutte le comunità della nostra Arcidiocesi, apre un tempo di attesa dell’ingresso del nuovo Arcivescovo che chiama ciascun fedele alla preghiera e alla disponibilità ad iniziare un nuovo cammino secondo quanto lo Spirito suggerirà.
I primi sentimenti sono di gratitudine e obbedienza verso il Santo Padre, che ricordiamo ancora con affetto ed entusiasmo nella sua visita pastorale alle terre ambrosiane del 25 marzo scorso.
E’ spontaneo e segno di grande riconoscenza ringraziare il Signore per il dono dell’episcopato tra noi del cardinale Angelo Scola in questi ultimi sei anni. La sua spiritualità e sensibilità, oltre alle sue doti intellettuali e di governo, ci hanno permesso di coltivare e custodire il grande dono della Comunione. In una Chiesa come la nostra così ricca e feconda di proposte, iniziative, itinerari formativi e attenzione alle periferie, abbiamo potuto apprezzare l’insistenza del cardinale Scola su un principio: solo se si pone al primo posto l’unità si possono valorizzare tutte le differenze. La pluriformitá acquista così tutto il suo splendore e la sua efficacia nel momento in cui ha origine in Colui che è l’Unità e il “per Chi” di ogni azione.
Questa nostra riconoscenza per il tratto di cammino compiuto insieme si manifesterà in modo ufficiale e comunitario il prossimo 8 settembre alle ore 21.00 in Duomo con la celebrazione del pontificale nella Solennità della Natività della Beata Vergine Maria.
Lasciata la guida della Diocesi il cardinale Angelo Scola risiederà poi nella casa canonica di Imberido (Oggiono, Lc) vicino al suo paese natale, Malgrate.
Molti hanno chiesto come esprimergli riconoscenza anche attraverso un segno concreto. In continuità con la destinazione di tutte le offerte che sono state raccolte durante la Visita Pastorale Feriale, il cardinale Scola invita ciascuno a contribuire a “Diamo lavoro” la terza fase del Fondo Famiglia Lavoro a favore di coloro che hanno perso l’occupazione.
Un altro sentimento proprio di queste settimane è quello dell'attesa disponibile e accogliente verso il nuovo Arcivescovo. Mons. Delpini è da noi tutti già conosciuto e stimato: ora viene mandato come Pastore sulle orme dei suoi santi predecessori Ambrogio e Carlo e dei più recenti Beati Ferrari, Schuster e Montini. Il Signore lo ricolmi di grazia per il suo nuovo incarico. A noi viene chiesta un’attesa orante che il nuovo Arcivescovo sosterrà con un pellegrinaggio personale nelle terre ambrosiane. Con la collaborazione dei decani Mons. Delpini si organizzerà per visitare alcuni santuari e chiese in cui la devozione mariana è particolarmente viva, per invocare la protezione di Maria per la Chiesa Ambrosiana e per il suo ministero.
L'attesa troverà compimento anzitutto sabato 9 settembre quando il nuovo Arcivescovo, per mezzo di un procuratore, prenderà possesso canonico dell'Arcidiocesi, con una celebrazione che si terrà in Duomo alle ore 9.00. Da quel momento egli sarà a tutti gli effetti nostro Arcivescovo e terminerà così il mandato di Amministratore Apostolico del cardinale Angelo Scola.
A partire da quel giorno, in ogni Celebrazione eucaristica si ricorderà il nome del vescovo Mario.
L’arcivescovo Mario Delpini ha espresso la sua decisione di confermare nello stesso giorno e fino alla conclusione del loro mandato il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale e per un anno i Vicari di Zona e di Settore.

Secondo la volontà del nuovo Arcivescovo, l'ingresso ufficiale in Diocesi si svolgerà, secondo la tradizione, il giorno 24 settembre, vigilia della Solennità di Sant'Anatalo e di tutti Santi Vescovi Milanesi, con la tappa a Sant'Eustorgio alle ore 16 e l'ingresso in Duomo alle ore 17.
Saranno poi comunicate le occasioni di incontro con le diverse realtà diocesane, in un calendario che caratterizzerà il prossimo anno pastorale 2017/18.
Per quanto poi concerne il percorso pastorale del prossimo anno, il nuovo Arcivescovo conferma le indicazioni contenute nella lettera di restituzione presentata a conclusione della Visita pastorale feriale indetta dal card. Angelo Scola
Le diverse iniziative connesse con il saluto al cardinale Angelo Scola e l'ingresso dell'arcivescovo Mario Delpini sono curate da un apposito Comitato che farà avere a tempo opportuno ulteriori indicazioni.

Grati ancora per il dono ricevuto, auguro a ciascuno un tempo di riposo nel Signore in attesa dell’inizio del nuovo anno pastorale.
Per il Comitato
Mons. Bruno Marinoni

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Milano, 7 luglio 2017 - Editoriale diocesano

Papa Francesco ha nominato mons. Mario Delpini nuovo Arcivescovo di Milano.
Mons. Mario Delpini nuovo arcivescovo di Milano

Quest’oggi il Santo Padre, Papa Francesco, ha accettato la rinuncia all’ufficio di Arcivescovo di Milano presentata da Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola e ha nominato nuovo Arcivescovo Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Mario Enrico Delpini, sinora Vicario generale della Diocesi Ambrosiana.

Nel contempo il Santo Padre ha provveduto a nominare Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola Amministratore Apostolico attribuendogli i diritti, le facoltà, i compiti che spettano ai Vescovi diocesani. Egli pertanto continuerà nel governo pastorale dell’Arcidiocesi di Milano, fatti salvi i limiti propri della sede vacante (cf Apostolorum successores, n. 244; in particolare cessa la funzione dei Consigli presbiterale e pastorale mentre proseguono nel loro mandato il Collegio dei Consultori e il Consiglio per gli affari economici della Diocesi), fino alla presa di possesso della sede da parte del nuovo Arcivescovo. In base alla normativa propria (Cum de nomine episcopi, 9 ottobre 1972), nel periodo di sede vacante resta immutato il nome del Vescovo da citare nella preghiera eucaristica, con la modalità consueta: «il nostro Vescovo Angelo».
In data odierna Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola, in forza della succitata nomina ad Amministratore Apostolico e delle facoltà conferitegli, tenuto conto del fatto che i Vescovi ausiliari conservano anche durante la sede vacante le potestà e le facoltà di cui godevano come Ordinari diocesani (can. 409 § 2) mentre gli altri Vicari episcopali decadono dai loro uffici (can. 417), ha confermato in forma delegata le potestà e le facoltà di cui godevano in precedenza i Vicari episcopali non Vescovi ausiliari, anche per delega o a seguito di mandato speciale (decreto arcivescovile in data 7 luglio 2017). Al Moderator Curiae viene inoltre assegnato il compito di Delegato ad omnia, con competenza di firma sugli atti sinora affidati al Vicario generale.

Secondo la tradizione della Chiesa, nelle Sante Messe celebrate nell’intero territorio dell’Arcidiocesi di Milano domenica 9 luglio (a partire dalle Sante Messe Vigiliari) la comunità cristiana è invitata a pregare per l’Arcivescovo uscente e per l’Arcivescovo eletto. In particolare, si suggerisce di inserire tra le preghiera dei fedeli i seguenti testi:
- Per l’Arcivescovo eletto, Mons. Mario Delpini. La grazia del tuo Spirito lo sostenga, lo illumini e lo incoraggi nel nuovo ministero che gli viene affidato a servizio della Chiesa ambrosiana; per questo ti preghiamo.

- Per il Card. Angelo Scola, che ha servito la Chiesa come Arcivescovo di Milano. Sperimenti la gratitudine del popolo ambrosiano per il generoso servizio di questi anni e la sua fervida preghiera accompagni il futuro cammino della nostra Diocesi; per questo ti preghiamo.

Il Cancelliere arcivescovile
(Mons. dr. Marino Mosconi)

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Milano, 16 giugno 2017 - Editoriale diocesano

Lettera del card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, scritta al termine dell’esperienza della Visita Pastorale, che ha coinvolto tutti i decanati della Diocesi nel biennio 2015-2017.
Questo scritto dell’Arcivescovo a «tutti i battezzati, le donne e gli uomini delle religioni e di buona volontà» della Diocesi.

Carissime e carissimi,
con questa lettera desidero raggiungere tutti i battezzati, le donne e gli uomini delle religioni e di buona volontà, per esprimere la mia gratitudine per il dono della Visita Pastorale Feriale giunta ormai alla sua conclusione.
Nelle sue tre fasi, essa ha consentito a me e ai miei collaboratori di toccare con mano la vita di comunione in atto nella Chiesa ambrosiana, non certo priva di difficoltà e di conflitti e tuttavia appassionata all’unità. La preparazione della Visita, svoltasi in modo forse un po’ diseguale nei vari decanati, l’atteggiamento di ascolto profondo in occasione dell’assemblea ecclesiale con l’Arcivescovo, la cura nell’accogliere nelle realtà pastorali il Vicario di Zona o il Decano, e la proposta del passo da compiere sotto la guida del Vicario Generale, hanno confermato ai miei occhi la vitalità di comunità cristiane non solo ben radicate nella storia secolare della nostra Chiesa, ma capaci di tentare, su suggerimento dello Spirito, adeguate innovazioni. Questa attitudine di disponibilità al cambiamento l’ho toccata con mano sia nelle parrocchie del centro, sia nelle grandi parrocchie di periferia, esplose negli ultimi sessant’anni, sia nelle città della nostra Diocesi, sia nelle parrocchie medie e piccole.

È stata però la Visita del Papa a farmi cogliere nitidamente l’elemento che unifica le grandi diversità che alimentano la nostra vita diocesana. La venuta tra noi del Santo Padre è stata, infatti, un richiamo così forte da rendere visivamente evidente che la nostra Chiesa è ancora una Chiesa di popolo. Certo, anche da noi il cambiamento d’epoca fa sentire tutto il suo peso. Come le altre metropoli, siamo segnati spesso da un cristianesimo “fai da te”: ce l’hanno testimoniato gli arcivescovi di grandi Chiese in tutto il mondo che in Duomo hanno raccontato l’esperienza delle loro comunità. Non manca confusione su valori imprescindibili; spesso non è chiaro il rapporto tra i diritti, i doveri e le leggi… Ma è inutile insistere troppo sull’analisi degli effetti della secolarizzazione su cui ci siamo soffermati in tante occasioni. Più utile, anzi necessario, è domandarci – con ancora negli occhi il popolo della Santa Messa nel parco di Monza, l’incontro con i ragazzi a San Siro, l’abbraccio al Santo Padre degli abitanti delle Case bianche e dei detenuti di San Vittore, e soprattutto la folla che ha accompagnato la vettura del Papa lungo tutti i 99 km dei suoi spostamenti – che responsabilità ne viene per noi? Come coinvolgere in questa vita di popolo i tantissimi fratelli e sorelle battezzati che hanno un po’ perso la via di casa? Come proporre con semplicità in tutti gli ambienti dell’umana esistenza la bellezza dell’incontro con Gesù e della vita che ne scaturisce? Come rivitalizzare le nostre comunità cristiane di parrocchia e di ambiente perché, con il Maestro, si possa ripetere con gusto e con semplicità a qualunque nostro fratello “vieni e vedi”? Come comunicare ai ragazzi e ai giovani il dono della fede, in tutta la sua bellezza e “con-venienza”? In una parola: se il nostro è, nelle sue solidi radici, un cristianesimo di popolo, allora è per tutti. Non dobbiamo più racchiuderci tristi in troppi piagnistei sul cambiamento epocale, né ostinarci nell’esasperare opinioni diverse rischiando in tal modo di far prevalere la divisione sulla comunione. Penso qui alla comprensibile fatica di costruire le comunità pastorali o nell’accogliere gli immigrati che giungono a noi per fuggire dalla guerra e dalla fame. Ma, con una limpida testimonianza, personale e comunitaria, con gratitudine per il dono di Cristo e della Chiesa, siamo chiamati a lasciarlo trasparire come un invito affascinante per quanti quotidianamente incontriamo.

A queste poche e incomplete righe vorrei aggiungere una parola su quanto la Visita Pastorale ha dato a me, Arcivescovo. Lo dirò in maniera semplice: durante la celebrazione dell’Eucaristia nelle tante parrocchie e realtà incontrate, così come nei saluti pur brevi che ci siamo scambiati dopo la Messa, e, in modo speciale, nel dialogo assembleare cui ho fatto riferimento, ho sempre ricevuto il grande dono di una rigenerazione della mia fede e l’approfondirsi in me di una passione, quasi inattesa, nel vivere il mio compito. Ma devo aggiungere un’altra cosa a cui tengo molto. Ho appreso a conoscermi meglio, a fare miglior uso dei doni che Dio mi ha dato e, nello stesso tempo, ho imparato un po’ di più quell’umiltà (humilitas) che segna in profondità la nostra storia. Ho potuto così, grazie a voi, accettare quel senso di indegnità e di inadeguatezza che sorge in me tutte le volte che mi pongo di fronte alle grandi figure dei nostri patroni Ambrogio e Carlo.

Se consideriamo la Visita Pastorale Feriale dal punto di vista profondo che la fede, la speranza e la carità ci insegnano, e non ci fermiamo a reazioni emotive o solo sentimentali, non possiamo non riceverla come una grande risorsa che lo Spirito Santo ha messo a nostra disposizione e che ci provoca ad un cammino più deciso e più lieto. Seguendo la testimonianza di Papa Francesco, la grande tradizione della Chiesa milanese può rinnovarsi ed incarnarsi meglio nella storia personale e sociale delle donne e degli uomini che abitano le terre ambrosiane.

La Solennità della Santissima Trinità che oggi celebriamo allarga il nostro cuore e rende più incisivo l’insopprimibile desiderio di vedere Dio: «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto”. Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto» (Sal 27 [26] 8-9a).

Angelo Card. Scola
Arcivescovo
Nella Solennità della Santissima Trinità
Milano, 11 giugno 2017

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Milano, 3 aprile 2017 - Editoriale diocesano

Lettera di ringraziamento di S.E. card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, a tutti coloro che hanno animato, partecipato, vissuto la visita del Santo Padre a Milano lo scorso 25 marzo, per la pubblicazione sui vostri strumenti di comunicazione parrocchiali.
Un cordiale saluto

Lettera di ringraziamento

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Milano, 10 marzo 2017 - Editoriale diocesano in avvicinamento alla visita di papa Francesco a Milano il 25 marzo prossimo

PARTECIPARE ALLA MESSA CON PAPA FRANCESCO: DOMANDE E RISPOSTE

Come posso partecipare alla Messa?
La partecipazione alla Messa è gratuita. I fedeli dovranno pagare solo il costo dei mezzi per il trasporto. Per iscriverti, rivolgiti alla tua parrocchia che ti darà indicazioni anche sui mezzi di trasporto.
Come posso raggiungere l’area della Messa?
Le parrocchie si stanno organizzando con il pullman gran turismo (gt) o con il treno. Le distanze da percorrere a piedi vanno da un minimo di 15 minuti a un massimo di 45.
Come accedo al Parco?
È necessario recarsi con il proprio gruppo di riferimento, perché i pass per l’accesso al Parco saranno distribuiti dai responsabili dei diversi gruppi. L’accesso al Parco avverrà per più varchi.
Sono una persona con disabilità
Le persone con disabilità sono state invitate a iscriversi entro il 20 febbraio 2017. Costoro avranno un’area loro riservata nella zona a destra del palco.
Sono una persona anziana
L’accesso è possibile a tutti. Si tratta di valutare la possibilità di percorrere a piedi dai 15 ai 45 minuti.
Posso portare un seggiolino pieghevole?
Sì. In presenza di bambini è possibile introdurre anche un passeggino.
Cosa posso portare con me?
Gli zaini che saranno sottoposti a controlli. Sono consentite inoltre soltanto bottiglie di plastica, anche con tappo ancora chiuso. Non si potranno introdurre invece nel Parco e nell’area della Messa lattine e nemmeno bottiglie di vetro.
Sono un capogruppo-guida, posso portare all’interno del Parco un cartello identificativo come riferimento visivo per il mio gruppo?
Sì, se il cartello ha dimensioni non superiori a 50x40 cm. Se ha un’asticella - in plastica o in legno – non deve essere superiore a 1,5m di lunghezza.
A chi mi devo rivolgere in caso di necessità?
Saranno presenti gruppi di volontari che si occuperanno dell’accoglienza, del servizio d’ordine e dell’animazione, favorendo gli accessi lungo il Parco. Per tutte le altre esigenze o per le emergenze saranno ovunque presenti le Forze dell’Ordine e i sanitari.
Quali saranno i servizi per i partecipanti alla Messa?
Ci saranno appositi punti di ristoro e numerosi bagni chimici in più punti.

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Milano, 2 Marzo 2017 - Quinto editoriale diocesano in avvicinamento alla visita di papa Francesco a Milano il 25 marzo prossimo

Papa Francesco tra vocazione e missione

Tra qualche settimana papa Francesco sarà tra noi! Il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, visiterà le nostre terre.
La sua venuta si colloca in profonda unità con il cammino che l’Arcivescovo sta facendo compiere alla diocesi con la sua visita pastorale in forma feriale e che avrà la sua ultima fase con l’individuazione, per ogni comunità, del “passo” da compiere per una maturità più grande nella fede.
Per questo è tanto importante la presenza tra noi di Pietro, nella figura di papa Francesco, che ci conferma nella fede e orienta il cammino. Quali sono i segni di una fede più matura? Papa Francesco fa riferimento spesso a due segni.
Il primo è la nascita nel nostro cuore del desiderio di comunicare a tutti la gioia del vangelo (EG 1). La fede è per sua natura missionaria. Ecco il cuore della “conversione pastorale” (EG 25) che ci è chiesta! Questo invito chiede di vivere in modo dinamico il nostro essere Chiesa: occorre superare la divisione tra pastorale parrocchiale e pastorale d’ambiente.
Anche la parrocchia, ci ricorda papa Francesco, ha una vocazione missionaria (EG 28). Per questo la pastorale ha bisogno di far crescere quella pluriformità nell’unità, in cui carismi condivisi, associazioni e aggregazioni ecclesiali, lavorino perché tutti possano sperimentare nel modo più adeguato l’appartenenza ecclesiale ed essere raggiunti dall’annuncio del vangelo nella propria condizione concreta.

Un secondo segno importante: la fede vissuta genera decisioni che impegnano tutta la vita. La fede ci porta a vivere la vita come vocazione fino a maturare scelte vocazionali definitive. Questo vale sia per il matrimonio e la famiglia, che per la vita consacrata e sacerdotale. Per questo papa Francesco vuole che la Chiesa tutta rifletta sul rapporto tra fede e vocazione, in particolare per i giovani (Sinodo 2018), perché, vincendo “la cultura del provvisorio che ci bastona tutti”, abbiano forza di compiere scelte coraggiose per l’edificazione del Regno di Dio e per promuovere vita buona.

+ Paolo Martinelli
Vescovo ausiliare, Arcidiocesi di Milano
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Milano, 3 febbraio 2017 - Papa Francesco viene a visitare Milano e le terre ambrosiane.

L’intenso itinerario che percorrerà il 25 marzo, dalle case bianche al carcere di san Vittore, dal Duomo di Milano al parco di Monza per la celebrazione della santa Messa, fino all’incontro con i cresimandi allo stadio di san Siro, è il segno più eloquente della sua volontà di essere tra noi per confermare la nostra fede e contagiarci con la forza della sua testimonianza missionaria.

La Milano che si prepara ad accogliere il Papa è una città che sta vivendo sulla propria pelle quel cambiamento d’epoca (molto più potente di una semplice epoca di cambiamenti) di cui papa Francesco parla spesso. La terra dei santi Ambrogio e Carlo, questo grande tessuto urbano che copre e supera il territorio diocesano, sta conoscendo da un lato un grande momento di risveglio e rilancio (complice il rinnovamento avuto con EXPO); ma dall’altro è provocata e sfidata da un contesto culturale e sociale in forte trasformazione, che non sempre favorisce l’incontro di popoli e di culture in una convivenza capace di conciliare le differenze.

La visita del Papa, a cui occorre prepararsi con cura in queste settimane, sarà l’occasione per ravvivare il nostro contributo a questo processo di ricerca e di ricostruzione dell’anima della città e delle terre ambrosiane. Dall’incontro con papa Francesco ci attendiamo di acquisire nuova consapevolezza sulla nostra identità di popolo posto da Dio dentro la storia, come recita il titolo dato all’evento: “in questa città ho un popolo numeroso, dice il Signore” (At 18,10).

Prepararsi significa accendere momenti di confronto e di verifica, per cogliere quanto a Milano e nelle terre ambrosiane siamo quella Chiesa “umile, beata e disinteressata” che papa Francesco ci ha descritto al Convegno Ecclesiale di Firenze; Chiesa “in uscita” che svela il suo volto facendosi carico con amore generoso del desiderio di vita dell’intera umanità, spesso dolorosamente ferita dal male; Chiesa che pone al centro i poveri, dai quali impara lo stesso farsi povero di Gesù.

Invitiamo tutti, singoli e parrocchie, famiglie e consacrati/e, gruppi e realtà ecclesiali, a fare del sussidio pubblicato dalla Diocesi proprio in preparazione alla visita del Papa (lo potete trovare sul sito diocesano) uno strumento di riflessione, preghiera, confronto e dibattito tra di noi ma anche con la società civile, perché possiamo arrivare all’incontro con papa Francesco avendo gustato il sapore del sogno di Chiesa che ci consegna come compito proprio con questa sua visita.

mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano
Presidente Caritas Ambrosiana

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Milano, 5 Dicembre 2016 - Editoriale a firma del Consiglio Episcopale milanese

“In questa città io ho un popolo numeroso” dice il Signore (At 18,10)

Ai fedeli della Chiesa Ambrosiana
e a tutti gli abitanti della città metropolitanae delle terre di Lombardia
Carissimi,

Papa Francesco viene a Milano il 25 marzo 2017, solennità dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria per il ministero che gli è stato affidato di confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32).

In questa terra, laboriosa fino alla frenesia e forse incerta fino allo smarrimento, generosa fino allo sperpero e forse intimorita fino alla spavento, sentiamo il bisogno e domandiamo la grazia di essere confermati in quella fede che gli Apostoli ci hanno trasmesso e che attraversa i secoli fino a noi.

Ci incamminiamo verso l’evento della visita papale con il desiderio che non si riduca ad esperienza di una emozione intensa e passeggera: sia piuttosto una grazia che conforti, confermi, orienti la nostra fede, nel nostro cammino verso la Pasqua, in preghiera con Maria e offra ragioni e segni per la speranza di tutti gli uomini e le donne della nostra terra.

Aspettiamo la vista di Papa Francesco quale compimento della “visita pastorale feriale” in atto nella nostra diocesi, che si propone di intuire il passo che il Signore ci chiede per continuare a irradiare la gioia del Vangelo: sarà pertanto utile riprendere Evangelii Gaudium e la Lettera Pastorale Educarsi al pensiero di Cristo, perché sia maggiormente conosciuta e approfondita e perché diventi realmente “anima” della vita delle comunità, attraverso proposte di preghiera, per esempio in momenti di prolungata adorazione, iniziative di formazione, per esempio in occasione di catechesi per adulti e della predicazione speciale nei quaresimali. Siamo in cammino per custodire e far risplendere i tratti di una Chiesa umile, disinteressata e beata, come Papa Francesco stesso ha raccomandato alla Chiesa Italiana, nel Convegno ecclesiale di Firenze.

Ci prepariamo a ringraziare il Papa per il dono del Giubileo straordinario della Misericordia annunciato in Misericordiae vultus. Avremo cura che l’abbondante effusione di grazie, sperimentata da molti, continui a portare frutto nel vivere il sacramento della riconciliazione nelle nostre chiese e nelle chiese penitenziali (in coerenza con quanto ci chiede il Papa nella lettera apostolica Misericordia et misera, in cui sono richiamati anche altri aspetti importanti del cammino successivo al Giubileo). A questo proposito sarà opportuno che in ogni chiesa siano decisi e pubblicati orari di presenza assicurata del confessore e potrà essere fruttuoso che il sacramento della confessione sia celebrato anche in forma comunitaria, come ha sperimentato il clero in Duomo, in occasione della festa di san Carlo. A nessuno manchi mai l’offerta della misericordia del Padre che rigenera la vita e nutre la speranza.

Dobbiamo insistere sulla conversione missionaria delle nostre comunità e la responsabilità della testimonianza di cui deve farsi carico ogni battezzato. “Ho un popolo numeroso in questa città” rivela il Signore all’apostolo scoraggiato (cfr At 18,10). I passi che le comunità decidono durante la visita pastorale devono orientare il cammino di tutti verso il campo che è il mondo, con le opere di misericordia e le parole che ne rivelano l’origine e il senso. L’Arcivescovo porterà il Santo Chiodo per le strade della diocesi durante le Via crucis di Quaresima per accompagnarsi alle comunità in cammino nel segno della Pasqua, con l’annuncio dell’amore fino alla fine che conforma ai sentimenti e alla mentalità di Cristo, al punto da rendere possibile essere misericordiosi come è misericordioso il Padre. Nessuno deve lasciarsi rubare la gioia dell’evangelizzazione (EG 83), che diventa conversazione quotidiana, educazione alla fede nelle famiglie, pratica ordinaria negli affetti, nel lavoro, nella festa. Un “popolo numeroso” ha bisogno del Vangelo e questa nostra città lo invoca con segni e linguaggi molteplici.

Il programma della visita di Papa Francesco è stato pubblicato: l’intensità di quella giornata rivela l’affetto del Papa e il suo desiderio di raggiungere tutti e noi tutti vogliamo prepararci a ricambiare l’affetto e a farci raggiungere dalla sua parola. Vogliamo tutti essere presenti, non pretendendo il privilegio di essere i primi, i vicini, i preferiti, ma desiderando la grazia di essere benedetti dentro il popolo numeroso che questa città esprimerà in quell’occasione.

Il Consiglio Episcopale Milanese
Milano, Solennità dell’Immacolata, 2016

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Milano, 7 novembre 2016 - Editoriale a firma di mons. Luca Bressan, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Milano, che introduce il tempo liturgico dell’Avvento e l’iniziativa di Caritas Ambrosiana per l’affido familiare

Avvento: tempo per accogliere e generare amore

 
Entriamo nell’Avvento. La successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra identità europea alle conseguenze di una crisi economica che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita – l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca, come ci ricorda Papa Francesco.

Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.

Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure.

L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine.

L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare.

Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie.
 
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano
Presidente Caritas Ambrosiana

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Milano, 26 ottobre 2016 - Editoriale a firma di S.E. mons. Mario Delpini, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Milano,
che introduce il tema della celebrazione penitenziale, con particolare riferimento
alla celebrazione penitenziale per i sacerdoti in Duomo il prossimo 4 novembre.

La festa della riconciliazione

Ci sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”. Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché dovrei dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano di tutto, eccetto che dei loro peccati. Insomma sembra che il sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa.

Forse anche per questo per alcuni la confessione è una fatica, un imbarazzo, e molti non si confessano.

Ma il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della riconciliazione, per dire che il sacramento non si riduce all’opera dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati: è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato e ferito per la sua vita sbagliata.

Ecco: una festa!

La festa non si può celebrare in solitudine, di nascosto. Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e cose buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti è evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di Dio: insieme!

Insieme si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli altri.

Insieme si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia della riconciliazione.

Insieme si riprende il cammino verso la santità non come l’impresa solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo santo di Dio.

I preti sono, anche loro, peccatori in cammino verso la santità. Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si confessano e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché sperimentano la misericordia di Dio.

Per questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4 novembre, i preti si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare insieme il sacramento della confessione e la festa della riconciliazione. Si può immaginare che la gioia e la forza di quel momento condiviso siano un buon motivo per ingegnarsi a salvare il sacramento della confessione dalla sua riduzione individualistica. Diventerà festa condivisa in ogni comunità che accoglie la misericordia di Dio.

S.E. mons. Mario Delpini
Vicario Generale
Arcidiocesi di Milano

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17 Ottobre 2016 - Editoriale a firma di mons. Luca Bressan, Vicario Episcopale
per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale, che introduce il tema dei prossimi “Dialoghi di vita buona”,
che si svolgeranno il 24 ottobre p.v. alle 20.30 presso il Piccolo Teatro Studio Melato (via Rivoli, 6 – Milano).

I Dialoghi metteranno al centro il tema della vita, analizzando il significato di naturale a artificiale in tre mondi: la ricerca scientifica, l’educazione e la cura, la riflessione filosofica. Per ulteriori informazioni sull’evento: www.dialoghidivitabuona.it.

Naturale/Artificiale. Cosa sta diventando la vita?

I Dialoghi di vita buona ripartono, con l’intenzione di aiutare la Milano, che si vede sempre più nei panni della metropoli europea, a trovare occasioni per ragionare sulle questioni che decidono il nostro futuro. Non ha senso dividersi in modo pregiudiziale, senza aver ascoltato le ragioni dell’altro: solo da un confronto reale e profondo può nascere quella stima che fa da base ad ogni legame sociale.

Lo scorso anno ci eravamo cimentati con la tematica dei confini, affrontando la questione delle migrazioni e la sfida che rappresenta per l’Europa. In questo secondo anno i Dialoghi assumono come filo conduttore il tema della tecnica e l’influsso che ha nella vita umana. Da qui il titolo complessivo: Naturale/Artificiale.

L’esperienza diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata.

Vogliamo il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile. Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori fondanti la nostra vita?

Naturale/Artificiale. Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica di comprensione della vita umana.

Naturale/Artificiale. Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno degli obiettivi dei Dialoghi.

Naturale/Artificiale. La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica, convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo, testimoniando che l’amore è un “superparadigma” capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci permette di comprendere l’utilità di un simile strumento per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.

mons. Luca Bressan
Vicario Episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale
Arcidiocesi di Milano

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27 Settembre 2016 - Editoriale a firma di S.E. mons. Pierantonio Tremolada,
Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione e i Sacramenti,
che introduce la proposta di Pastorale Giovanile per l’anno pastorale 2016/2017.

La vita buona del Vangelo tra presente e futuro:

La proposta di pastorale giovanile per l’anno pastorale 2016-2017

Il cammino dell’anno pastorale che inizia continua con lo stesso obiettivo dell’anno precedente: educarsi al pensiero di Cristo, assumere lo sguardo di Gesù.
Alla domanda: “tu come la pensi?” dovremmo riuscire a rispondere non solo offrendo un’opinione personale ma rendendo evidente il pensiero di Cristo, facendone cogliere tutta la forza, la bellezza, la verità. Siamo inoltre nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia.
Sappiamo che la misericordia è l’essenza del pensiero di Cristo, è come il cuore per l’occhio: se il cuore è ripiegato su di sé, gli occhi si ammalano e tutto si sfuoca. Vogliamo dunque raccogliere nell’anno pastorale che abbiamo davanti l’eredità del Giubileo della Misericordia, unendo insieme il pensare e l’agire, il valutare e il decidere, perché – come ci ricorda l’apostolo – “a spingerci è l’amore di Cristo” (2Cor 5,14).

Il testo guida per la Pastorale Giovanile scelto quest’anno è Mt 19, 16-22. Il protagonista è un giovane animato da un grande desiderio di vita. il suo incontro con Gesù potrebbe dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita, ed egli se ne va triste. Il desiderio di vita vera anima il cuore di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù.
Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera. È l’appello del Vangelo, decisivo, che arriva alla coscienza libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero. In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore, la beatitudine che Gesù annuncia.

In questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino con i giovani e i ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la forza della voce del Signore; lasciarsi guidare da lui a riconoscere con umiltà i lacci che tengono avvinta la nostra libertà e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più veri. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

S.E. mons. Pierantonio Tremolada
Vescovo
Vicario Episcopale per l'Evangelizzazione e i Sacramenti



13 Settembre 2016 - Editoriale per l’avvio dell’anno pastorale 2016/17

Forse nei calendari parrocchiali e nelle agende degli impegnati non ci sono più date disponibili.
Forse alla gente l’anno pastorale appare come un insieme di iniziative stentate perché “siamo sempre meno e sempre più vecchi”.
Forse sui bollettini parrocchiali non c’è più spazio per nuovi annunci.

Allora, che pur con tutta la buona volontà, delle indicazioni dell’Arcivescovo per l’anno pastorale 2016/17 non se ne farà nulla.
L’Arcivescovo infatti propone di lasciarsi condurre dallo Spirito di Dio a configurare un nuovo volto di Chiesa, una Chiesa riformata dalla docilità allo Spirito nell’”assecondare la realtà”.

La realtà è la famiglia nella complessità delle sue forme e delle sue storie: la proposta pastorale non chiede alle famiglie ulteriori impegni per essere “soggetti di evangelizzazione”. Piuttosto trova modo di accompagnare la vita ordinaria di ciascuna famiglia per aiutarla ad essere luogo di Vangelo: nel dare la vita e nel custodirne la buona qualità si rivela anche il significato della vita e la sua vocazione. Che valga la pena di propiziare l’ascolto della Parola di Dio in famiglia e la partecipazione alla Messa domenicale?

La realtà è la pluralità di presenze personali e associative: la proposta pastorale non vuole organizzare una spartizione di compiti, spazi e potere, né includere alcuni ed escludere altri. Piuttosto vuole alimentare un senso di comunione, così che il dono di ciascuno sia per l’edificazione di tutti. Che valga la pena di invitare tutti a partecipare alla Messa domenicale?

La realtà è la società nella sua molteplicità di componente: la proposta pastorale non presume di esercitare una egemonia nella società plurale, ma offre a uomini e donne di questo tempo la testimonianza di una speranza affidabile. In altre parole vive la fede in modo che diventi cultura. Che valga la pena di incoraggiare i cristiani a conversare con colleghi, amici, vicini di casa sulle cose serie della vita?

S.E. mons. Mario Delpini

Vicario Generale
Arcidiocesi di Milano

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