Lettera pastorale per il 2018/2019
«Cresce lungo il cammino il suo vigore»,
«Il popolo in cammino verso
la città santa, la nuova Gerusalemme»
DOMENICA
8 LUGLIO 2018
Dal sito della Diocesi di MIlano. Sunto di Pino NARDI
La Lettera pastorale dell’Arcivescovo
di Milano, monsignor Mario Delpini, per l’anno 2018/2019,
dal titolo "Cresce lungo il cammino il suo vigore" (Centro
Ambrosiano, 120 pagine, 4 euro). Con il sottotitolo «Il
popolo in cammino verso la città santa, la nuova Gerusalemme»,
il testo guiderà la vita pastorale delle nostre comunità
cristiane per il prossimo anno pastorale, aiutando gli operatori
pastorali e i sacerdoti a vivere con sempre maggiore fedeltà
al Vangelo
Una Chiesa
in cammino, che non teme di riformarsi e leggere i segni dei tempi
per una testimonianza che si fa gioia e speranza per gli uomini
di oggi. La prima Lettera pastorale dell’Arcivescovo, monsignor
Mario Delpini, è già a disposizione per la riflessione
di tutti, credenti e persone di buona volontà. Cresce lungo
il cammino il suo vigore (Centro ambrosiano, 120 pagine, 4 euro)
sarà nelle librerie cattoliche da lunedì 16 luglio.
Delpini sviluppa la sua proposta partendo
dalla «consapevolezza di essere la Chiesa in debito verso
questo tempo e questo mondo».
La
lezione attuale di Montini
Una Lettera pastorale intrisa di ammirazione per il suo predecessore
Giovanni Battista Montini, più volte richiamato come esempio
da rilanciare e approfondire: «Mentre ci prepariamo alla
canonizzazione del beato papa Paolo VI chiedo la sua intercessione
perché la sua preghiera ci accompagni. Invito a riprendere
la sua testimonianza e a rileggere i suoi testi, così intensi
e belli, perché il nostro sguardo su questo tempo sia ispirato
dalla sua visione di Milano, del mondo moderno e della missione
della Chiesa».
Un
coraggioso rinnovamento della Chiesa
Una Chiesa che si riforma sempre, che non si siede sul già
sperimentato, ma che vive pienamente il tempo: «Siamo un
popolo in cammino. Non ci siamo assestati tra le mura della città
che gli ingenui ritengono rassicurante, nella dimora che solo
la miopia può ritenere definitiva». Invita a «pensare
e praticare con coraggio un inesausto rinnovamento/riforma della
Chiesa stessa», perché «la Chiesa non assolutizza
mai forme, assetti, strutture e modalità della sua vita».
E ancora: «Non ha fondamento storico né giustificazione
ragionevole l’espressione “si è sempre fatto
così” che si propone talora come argomento per chiedere
conferma dell’inerzia e resistere alle provocazioni del
Signore che trovano eco nelle sfide presenti».
«Viviamo vigilando nell’attesa
– continua Delpini -. Viviamo pellegrini nel deserto. Non
siamo i padroni orgogliosi di una proprietà definitiva
che qualche volta, eventualmente, accondiscende all’ospitalità;
siamo piuttosto un popolo in cammino nella precarietà nomade.
Possiamo sopravvivere e continuare la rischiosa traversata perché
stringiamo alleanze, invochiamo e offriamo aiuto, desideriamo
incontri e speriamo benevolenza. Perciò i pellegrini, persuasi
dalla promessa, percorrono le vie faticose e promettenti, si incontrano
con altri pellegrini e si forma un’unica carovana: da molte
genti, da molte storie, da molte attese e non senza ferite, non
senza zavorre».
Per
una Chiesa dalle genti
L’Arcivescovo richiama il cammino fin qui svolto in occasione
del Sinodo «Chiesa dalle genti», che si concluderà
il 3 novembre. Affronta il tema della ricchezza anche ecclesiale
che nasce dal dialogo di popoli e persone presenti a Milano e
in Diocesi: «La Chiesa si riconosce “dalle genti”
non solo perché prende coscienza della mobilità
umana, ma, in primo luogo, perché, docile allo Spirito,
sperimenta che non si dà cammino del Popolo di Dio verso
il monte dell’alleanza piena se non dove, nel camminare
insieme verso la medesima mèta, si apprende a camminare
gli uni verso gli altri. L’incontro, l’ascolto, la
condivisione permettono di valorizzare le differenze, lo specifico
di ciascuno, impongono di riconoscere i doni ricevuti dalla tradizione
di ciascuno».
Mettendo
da parte paure, incomprensioni e muri che oggi sembrano prevalere
nel dibattito pubblico: «Non si può immaginare perciò
che il popolo in cammino viva di nostalgia e si ammali di risentimento
e di rivendicazioni, perché proprio per questo si è
deciso il pellegrinaggio, per uscire da una terra straniera e
da una condizione di schiavitù». Perciò «ci
facciamo compagni di cammino di fratelli e sorelle che incontriamo
ogni giorno nella vita; uomini e donne in ricerca, che non si
accontentano dell’immediato e della superficie delle cose».
In
questo contesto i cristiani si devono porre con la «predisposizione
degli animi», che «significa la disponibilità
a percorsi di riflessione, preghiera, iniziative e significa rinnovata
docilità al vento amico dello Spirito che spinge al largo,
cioè all’audacia e alla fortezza, alla pazienza e
alla sapienza per delineare i tratti della Chiesa cattolica».
Giovani
che non si scoraggiano
Un’attenzione particolare l’Arcivescovo la dedica
ai giovani, nell’anno nel quale si celebra il Sinodo dei
vescovi voluto da papa Francesco: «È tempo, io credo,
di superare quel senso di impotenza e di scoraggiamento, quello
smarrimento e quello scetticismo che sembrano paralizzare gli
adulti e convincere molti giovani a fare del tempo della loro
giovinezza un tempo perso tra aspettative improbabili, risentimenti
amari, trasgressioni capricciose, ambizioni aggressive: come se
qualcuno avesse derubato una generazione del suo futuro. La complessità
dei problemi e le incertezze delle prospettive occupazionali non
bastano a scoraggiare i credenti».
La
cura della Parola a Messa e nella preghiera
Delpini invita a una cura particolare alla Messa domenicale, in
particolare nell’annuncio della Parola, a una spiritualità
alimentata dalla preghiera: «Non si può essere ingenui
o affidarsi all’emotività nell’accostarsi a
quel libro straordinario che è la Sacra Scrittura. È
quindi necessario che l’insegnamento catechistico, la predicazione
ordinaria, il riferimento alla Scrittura negli incontri di preghiera,
nei percorsi di iniziazione cristiana, nei gruppi di ascolto,
negli appuntamenti della Scuola della Parola siano guidati con
un metodo e condotti con sapienza. Ma la guida del metodo deve
essere adeguata agli interlocutori e soprattutto deve aiutare
a riconoscere nella Sacra Scrittura quell’offerta di luce,
di forza, di gioia, che viene dalla potenza della Parola di Dio».
Dalla
Missione di Milano alla nuova evangelizzazione
Dalla preghiera alla testimonianza per la nuova evangelizzazione.
Anche su questo Delpini non manca di riprendere la lezione montiniana:
«Siamo chiamati a condividere lo spirito con cui ha promosso
e vissuto la Missione di Milano del 1957 e le motivazioni che
lo hanno convinto a visitare i continenti e a orientare il Concilio
Vaticano II al confronto, al dialogo, alla simpatia per il mondo,
per una responsabilità di evangelizzazione. Come ci consiglia
papa Francesco, rileggere l’esortazione apostolica Evangelii
nuntiandi sarà un modo per vivere la canonizzazione non
solo come una celebrazione, ma come occasione per rendere ancora
fecondo il magistero di Paolo VI».
Una
nota critica non manca verso chi frequenta la comunità,
ma rimane impermeabile su questioni decisive: «Anche frequentatori
assidui degli ambienti parrocchiali sono spesso insensibili alle
proposte di partecipazione costruttiva all’impresa comune
di rendere più abitabile il mondo e più solidali
le relazioni. Il buon vicinato è la pratica possibile a
tutti, ma per i discepoli del Signore è una forma di obbedienza
al comandamento del Signore e di condivisione di una speranza
più alta».
Custodire
e rilanciare l’umanesimo cristiano
La presenza dei cristiani nella società va rilanciata,
anche perché – sottolinea l’Arcivescovo –
«sentiamo la responsabilità di custodire la preziosa
eredità dei nostri padri, quell’umanesimo cristiano
in cui si integrano la fede, il senso pratico e la speranza, la
cura per la famiglia e per la sua serenità, la gioia per
ogni vita che nasce, la responsabilità dell’amore,
la serietà della parola data, la fierezza per il bene che
si compie e insieme un senso del relativo che aborrisce ogni esibizionismo,
una inclinazione spontanea alla solidarietà e una prontezza
nel soccorrere, la serietà professionale e l’intraprendenza
operosa, l’attitudine a lavorare molto e la capacità
di fare festa, una radicata fiducia verso il futuro e una vigile
capacità di risparmio e programmazione. Avvertiamo tuttavia
che l’evoluzione contemporanea sembra condannare all’irrilevanza
quell’armonia di valori che forse descriviamo in modo un
po’ idealizzato, ma che hanno offerto l’ispirazione
a molte iniziative, istituzioni, forme di presenza nella vita
sociale e politica».
La
dottrina sociale è una benedizione
In ogni caso l’impegno sociale e politico dei cristiani
guarda avanti, con uno stile di dialogo e confronto, non urlato:
«L’annuncio e la pratica dell’umanesimo cristiano
non si traducono in un richiamo a leggi e adempimenti, non si
intristiscono nella nostalgia di un’altra cultura e di un’altra
società, come se rimpiangessimo un’egemonia, non
si intimidiscono di fronte a stili di vita e a slogan troppo gridati
e troppo superficiali». Infatti, «la proposta cristiana
si offre come una benedizione, come l’indicazione di una
possibilità di vita buona che ci convince e che si comunica
come invito, che si confronta e contribuisce a definire nel concreto
percorsi praticabili, persuasivi con l’intenzione di dare
volto a una città dove sia desiderabile vivere. La dottrina
sociale della Chiesa, il magistero della Chiesa sulla vita e sulla
morte, sull’amore e il matrimonio, non sono una sistematica
alternativa ai desideri degli uomini e delle donne, ma sono una
benedizione».
Cristiani
non timidi, ma profeti in dialogo
In un contesto affollato di populismi e nazionalismi, Delpini
richiama a una testimonianza coraggiosa dei cristiani, che «si
esprimano e siano capaci di tessere alleanze per proporre, difendere,
tradurre in pratiche persuasive quei tratti dell’umanesimo
cristiano che contribuiscono alla qualità alta della vita
delle comunità, delle famiglie, di ogni uomo e di ogni
donna. La presenza di molti cristiani in ogni ambiente di vita
non può essere mascherata per timidezza, per un complesso
di inferiorità, per la rassegnazione a una separazione
inguaribile tra i valori cristiani e la logica intrinseca e indiscutibile
della realtà mondana».
I
cristiani «sono profeti, hanno proposte, hanno soluzioni,
hanno qualche cosa da dire nel dialogo con tutti gli uomini e
le donne di buona volontà».
La
Commissione per la promozione del bene comune
Per alimentare questa testimonianza l’Arcivescovo annuncia
la creazione di una «Commissione per la promozione del bene
comune», come «stimolo ed esempio, strumento per attivare
questo stile cristiano di presenza dentro una società e
una politica in piena trasformazione».
PUBBLICATO
DOMENICA 8 LUGLIO 2018
Dal sito della Diocesi di MIlano. Sunto di Pino NARDI
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Milano,
6 febbraio 2018
-
Editoriale diocesano
Sinodo minore “Chiesa dalle genti”.
La fase di ascolto: passi semplici e gesti impegnativi
Con la pubblicazione delle tracce
per la condivisione, il Sinodo minore è entrato in un momento
cruciale del suo percorso. La fase di ascolto ha a disposizione
tutti gli strumenti (testo guida + tracce) utili a dare vita a
un grande e costruttivo dibattito. Attori da coinvolgere: il corpo
ecclesiale, nelle sue diverse figure (consigli pastorali, ministri
ordinati e consacrati, giovani, operatori della carità),
ma anche tutte le persone che desiderano misurarsi con le domande
che la Diocesi di Milano si sta ponendo, proprio perché
ne condividono il carattere di urgenza e la capacità di
futuro (mondo della scuola, amministratori locali, servizi territoriali
rivolti alla persona).
Dal grado di coinvolgimento e
dalla qualità dell’ascolto che avremo saputo creare
dipenderà l’esito del percorso sinodale. Perché
sia, come l’Arcivescovo ci ha chiesto, un evento di popolo,
occorre che questa fase sia curata e molto diffusa: solo così
potremo giungere al successivo momento di costruzione e definizione
delle proposte sicuri che i discorsi che intavoleremo non sono
il frutto delle convinzioni di pochi ma l’esito di un sicuro
processo di ascolto del “fiuto” del popolo di Dio
(sensus fidei).
Essere Chiesa dalle genti: per
giungere a realizzare un simile cammino di conversione occorre
in questa fase di ascolto miscelare allo stesso tempo gesti impegnativi
e passi abbastanza semplici. Gesti impegnativi: è necessario
scegliere di vedere, come dice il documento preparatorio, oltre
la superficie del quotidiano, le gesta di Dio che si stanno realizzando
dentro situazioni e avvenimenti che a prima vista ci appaiono
non chiari e non facili da affrontare. Passi abbastanza semplici:
basta iniziare ad impegnarsi in questo ascolto, e subito ci accorgeremo
che sono tanti i percorsi di conversione già avviati e
i sentieri intrapresi.
La Chiesa dalle genti è
già tra noi: il difficile è riuscire a vederla,
superando le paure e le stanchezze che come un velo ci coprono
gli occhi, impedendoci di contemplare ciò che lo Spirito
santo già opera dentro le nostre vite.
mons.
Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa
dalle genti”
Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano
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Milano,
8 gennaio 2018 -
Editoriale diocesano
Potente
è la tua mano, Signore. Introduzione alla Settimana di
Preghiera per l’Unità dei Cristiani
“Potente
è la tua mano, Signore (Es 15,6)” è il tema
della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani
2018: il cantico celebra la vittoria di Dio contro le forze del
male in relazione all’evento fondatore della fede di Israele.
In
Diocesi è stato indetto un Sinodo minore dal titolo “Chiesa
dalle genti”, che vuole rileggere i processi di cambiamento
in atto per coglierne l’azione dello Spirito.
Processi
che riguardano tutte le chiese cristiane, anch’esse rinnovate
dalla presenza di fedeli da tutto il mondo.
Il programma della Settimana si caratterizza per le celebrazioni
dei vesperi secondo le diverse tradizioni, così da offrire
la possibilità di incontrare una comunità che celebra
la sua fede.
Il
25 gennaio nel Tempio Valdese, alla presenza di mons. Delpini,
verrà celebrato il 20° anniversario dalla nascita del
Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, che ebbe un forte
impulso dal cardinal Martini.
Il
cammino di questi anni è stato entusiasmante e non sempre
facile: si sono superate le diffidenze iniziali con una stima
fiorita in vera amicizia.
La
situazione oggi è molto diversa, come dice il convegno
del 20 gennaio dal titolo “Ecumenismo 2.0”, teso a
sottolineare ciò che lo Spirito sta suscitando.
La
serata per i giovani del 22 gennaio in sant’Ambrogio vede
coinvolte le comunità giovanili ortodosse romene, copte,
russe, e quella metodista che ha al suo interno un gruppo di giovani
ghanesi; per la nostra Diocesi hanno collaborato la Pastorale
Universitaria e i Movimenti.
Una
preghiera, una cena in cui ciascuno porta piatti tipici del proprio
paese, e tanti canti natalizi (liturgici e popolari) delle diverse
tradizioni eseguiti a turno dalle varie comunità.
Incontrarsi
e riconoscersi reciprocamente porta a scoprire che il cuore di
ciascuno ha le stesse domande e gli stessi desideri, e l’affetto
per la persona di Gesù ci fa sperimentare, nella diversità
suscitata dallo Spirito, che siamo fratelli perché figli
di un unico Padre.
diac.
Roberto Pagani
Responsabile
Servizio per l'Ecumenismo e il Dialogo
Arcidiocesi
di Milano
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Milano,
12 dicembre 2017 -
Editoriale diocesano
Il
cantico dei pastori. Natale, testimonianza da offrire.
Nel
mio presepe quest’anno non ho costruito colline né
disegnato cieli stellati, non ho messo statuine d’arte né
meccanismi portentosi che muovono braccia di fabbri, accendono
luci, trascinano pecore verso la grotta di Betlemme. Quest’anno
il mio presepe è fatto di musica e parola, è un
presepe di cantici.
Se potete fare silenzio e vi ponete in ascolto, riuscirete forse
a sentire anche a casa vostra il cantico dei pastori del mio presepe.
Il cantico dei pastori è testimonianza.
Non
abbiamo meriti, non abbiamo sapienza, non abbiamo mandato. Abbiamo
visto e rendiamo testimonianza.
Siamo
stati disturbati nella notte e invitati a partire: ma vi diciamo
che ne valeva la pena.
L’umiltà
del Bambino incoraggia anche noi che non valiamo niente e non
godiamo di nessun prestigio a dire una parola, a contagiare con
la gioia, a invitare al cammino. Siamo testimoni: non attiriamo
l’attenzione su noi stessi, ma siamo lieti che anche voi
andiate fin là, dove c’è il motivo della nostra
letizia.
Siamo
testimoni: dobbiamo dire semplicemente quello che abbiamo visto
e nessun complicato ragionamento, nessun disprezzo che ci mette
in ridicolo, nessuna minaccia che ci vuole zittire, nulla può
convincerci a tacere quello che ci è stato donato. Siamo
stati amati. Proprio noi, povera gente da nulla, siamo stati amati
e quel bambino ci ha resi capaci di amare. Di questo diamo testimonianza.
I
pastori sono testimoni e il loro cantico condivide la sorpresa,
l’esperienza e il suo frutto.
mons.
Mario Delpini
Arcivescovo di Milano
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Milano,
5 ottobre 2017 -
Editoriale diocesano
Accogliere
l’Arcivescovo Mario: la bellezza di un cammino di concretezza
Ci
ha colpito tutti l’intensità della preghiera liturgica
e nello stesso tempo la scioltezza familiare con cui si è
presentato e noi abbiamo accolto il nostro nuovo Arcivescovo Mario
Delpini. Mi è sembrato che questo possa essere lo stile
per il cammino della nostra Chiesa: siamo Chiesa che nella celebrazione
domenicale contempla l’opera di Dio e nello stesso tempo
si sente sicura, aperta, e sciolta. Sicura di essere amata dal
suo Signore. Sciolta da paure che non la rendono capace di vedere
di quante pietre vive e preziose è composta, e di appassionarsi
ad essere un segno della Gerusalemme nuova che l’Agnello
va costruendo con il dono del suo sangue. Sciolta dall’inerzia
del “si è sempre fatto così” e aperta
ad imparare a fare, a tutti i livelli, un “cammino insieme”,
che è sempre opera dello Spirito santo, che è disciplinato
nell’agire e coraggioso nelle riforme necessarie nel cambiamento
d’epoca che stiamo attraversando.
Abbiamo
accolto “l’Arcivescovo”. Noi ambrosiani siamo
fatti così: accogliamo l’Arcivescovo perché
è l’Arcivescovo, così come accogliamo il Parroco
perché è il Parroco. Qualche volta anche noi siamo
tentati di personalizzare la figura vescovo, creando tifosi e
avversari per i più svariati motivi, ma credo che lo stile
dell’Arcivescovo Mario ci aiuterà a ritrovare la
scioltezza e la bellezza di un cammino che continua, senza perdere
nulla dei passi fatti, anzi valorizzandoli per procedere insieme
nel cammino. Personalmente ritengo che il nostro non sia il tempo
del “ricominciare da capo” o degli “effetti
speciali che ci stupiscono”, piuttosto quello della concretezza,
del creare insieme condizioni che ci rendano vicini, solidali,
contenti di vedere altri, i piccoli e i poveri, a loro volta contenti.
Abbiamo
accolto l’Arcivescovo “Mario”. Con la sua originalità,
il suo stile, la sua storia e il suo cammino. Abbiamo già
condiviso con lui molti anni nel servizio alla Chiesa, e moltissimi
lo hanno incontrato nelle sue visite alle parrocchie e ai Decanati.
“Un editto che vorrei enunciare – ha detto qualche
settimana fa scherzando, ma non troppo - è che è
proibito lamentarsi su come vanno le cose, ma essere gente che,
prendendo visione delle cose, mette mano ad aggiustare questo
mondo, senza presunzione di avere ricette già pronte, proprio
perché siamo tutti chiamati a mettere a frutto la vocazione
che abbiamo ricevuto, ognuno con i propri carismi”. Credo
proprio che il nuovo Arcivescovo ci farà lavorare tanto!
E ci farà lavorare “insieme”.
+
Franco Agnesi
Vicario episcopale
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Milano,
19 luglio 2017 -
Editoriale diocesano
Lettera
del Comitato per l’Ingresso dell’arcivescovo Mario
Delpini con breve presentazione dell'ingresso solenne
Ai
fedeli dell'Arcidiocesi di Milano
Lo
scorso 7 luglio il Santo Padre papa Francesco ha accolto la rinuncia
all'ufficio di Arcivescovo di Milano presentata dal cardinale
Angelo Scola e ha nominato nuovo Arcivescovo di Milano Sua Eccellenza
mons. Mario Delpini, finora Vicario Generale della nostra Diocesi
Ambrosiana.
Questo annuncio, accolto con gioia dai fedeli di tutte le comunità
della nostra Arcidiocesi, apre un tempo di attesa dell’ingresso
del nuovo Arcivescovo che chiama ciascun fedele alla preghiera
e alla disponibilità ad iniziare un nuovo cammino secondo
quanto lo Spirito suggerirà.
I primi sentimenti sono di gratitudine e obbedienza verso il Santo
Padre, che ricordiamo ancora con affetto ed entusiasmo nella sua
visita pastorale alle terre ambrosiane del 25 marzo scorso.
E’ spontaneo e segno di grande riconoscenza ringraziare
il Signore per il dono dell’episcopato tra noi del cardinale
Angelo Scola in questi ultimi sei anni. La sua spiritualità
e sensibilità, oltre alle sue doti intellettuali e di governo,
ci hanno permesso di coltivare e custodire il grande dono della
Comunione. In una Chiesa come la nostra così ricca e feconda
di proposte, iniziative, itinerari formativi e attenzione alle
periferie, abbiamo potuto apprezzare l’insistenza del cardinale
Scola su un principio: solo se si pone al primo posto l’unità
si possono valorizzare tutte le differenze. La pluriformitá
acquista così tutto il suo splendore e la sua efficacia
nel momento in cui ha origine in Colui che è l’Unità
e il “per Chi” di ogni azione.
Questa nostra riconoscenza per il tratto di cammino compiuto insieme
si manifesterà in modo ufficiale e comunitario il prossimo
8 settembre alle ore 21.00 in Duomo con la celebrazione del pontificale
nella Solennità della Natività della Beata Vergine
Maria.
Lasciata la guida della Diocesi il cardinale Angelo Scola risiederà
poi nella casa canonica di Imberido (Oggiono, Lc) vicino al suo
paese natale, Malgrate.
Molti hanno chiesto come esprimergli riconoscenza anche attraverso
un segno concreto. In continuità con la destinazione di
tutte le offerte che sono state raccolte durante la Visita Pastorale
Feriale, il cardinale Scola invita ciascuno a contribuire a “Diamo
lavoro” la terza fase del Fondo Famiglia Lavoro a favore
di coloro che hanno perso l’occupazione.
Un altro sentimento proprio di queste settimane è quello
dell'attesa disponibile e accogliente verso il nuovo Arcivescovo.
Mons. Delpini è da noi tutti già conosciuto e stimato:
ora viene mandato come Pastore sulle orme dei suoi santi predecessori
Ambrogio e Carlo e dei più recenti Beati Ferrari, Schuster
e Montini. Il Signore lo ricolmi di grazia per il suo nuovo incarico.
A noi viene chiesta un’attesa orante che il nuovo Arcivescovo
sosterrà con un pellegrinaggio personale nelle terre ambrosiane.
Con la collaborazione dei decani Mons. Delpini si organizzerà
per visitare alcuni santuari e chiese in cui la devozione mariana
è particolarmente viva, per invocare la protezione di Maria
per la Chiesa Ambrosiana e per il suo ministero.
L'attesa troverà compimento anzitutto sabato 9 settembre
quando il nuovo Arcivescovo, per mezzo di un procuratore, prenderà
possesso canonico dell'Arcidiocesi, con una celebrazione che si
terrà in Duomo alle ore 9.00. Da quel momento egli sarà
a tutti gli effetti nostro Arcivescovo e terminerà così
il mandato di Amministratore Apostolico del cardinale Angelo Scola.
A partire da quel giorno, in ogni Celebrazione eucaristica si
ricorderà il nome del vescovo Mario.
L’arcivescovo Mario Delpini ha espresso la sua decisione
di confermare nello stesso giorno e fino alla conclusione del
loro mandato il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale
e per un anno i Vicari di Zona e di Settore.
Secondo
la volontà del nuovo Arcivescovo, l'ingresso ufficiale
in Diocesi si svolgerà, secondo la tradizione, il giorno
24 settembre, vigilia della Solennità di Sant'Anatalo e
di tutti Santi Vescovi Milanesi, con la tappa a Sant'Eustorgio
alle ore 16 e l'ingresso in Duomo alle ore 17.
Saranno poi comunicate le occasioni di incontro con le diverse
realtà diocesane, in un calendario che caratterizzerà
il prossimo anno pastorale 2017/18.
Per quanto poi concerne il percorso pastorale del prossimo anno,
il nuovo Arcivescovo conferma le indicazioni contenute nella lettera
di restituzione presentata a conclusione della Visita pastorale
feriale indetta dal card. Angelo Scola
Le diverse iniziative connesse con il saluto al cardinale Angelo
Scola e l'ingresso dell'arcivescovo Mario Delpini sono curate
da un apposito Comitato che farà avere a tempo opportuno
ulteriori indicazioni.
Grati
ancora per il dono ricevuto, auguro a ciascuno un tempo di riposo
nel Signore in attesa dell’inizio del nuovo anno pastorale.
Per il Comitato
Mons. Bruno Marinoni
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Milano,
7 luglio 2017 -
Editoriale diocesano
Papa
Francesco ha nominato mons. Mario Delpini nuovo Arcivescovo di Milano.
Mons.
Mario Delpini nuovo arcivescovo di Milano
Quest’oggi
il Santo Padre, Papa Francesco, ha accettato la rinuncia all’ufficio
di Arcivescovo di Milano presentata da Sua Eminenza Rev.ma il Card.
Angelo Scola e ha nominato nuovo Arcivescovo Sua Eccellenza Rev.ma
Mons. Mario Enrico Delpini, sinora Vicario generale della Diocesi
Ambrosiana.
Nel
contempo il Santo Padre ha provveduto a nominare Sua Eminenza Rev.ma
il Card. Angelo Scola Amministratore Apostolico attribuendogli i
diritti, le facoltà, i compiti che spettano ai Vescovi diocesani.
Egli pertanto continuerà nel governo pastorale dell’Arcidiocesi
di Milano, fatti salvi i limiti propri della sede vacante (cf Apostolorum
successores, n. 244; in particolare cessa la funzione dei Consigli
presbiterale e pastorale mentre proseguono nel loro mandato il Collegio
dei Consultori e il Consiglio per gli affari economici della Diocesi),
fino alla presa di possesso della sede da parte del nuovo Arcivescovo.
In base alla normativa propria (Cum de nomine episcopi, 9 ottobre
1972), nel periodo di sede vacante resta immutato il nome del Vescovo
da citare nella preghiera eucaristica, con la modalità consueta:
«il nostro Vescovo Angelo».
In
data odierna Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola, in forza
della succitata nomina ad Amministratore Apostolico e delle facoltà
conferitegli, tenuto conto del fatto che i Vescovi ausiliari conservano
anche durante la sede vacante le potestà e le facoltà
di cui godevano come Ordinari diocesani (can. 409 § 2) mentre
gli altri Vicari episcopali decadono dai loro uffici (can. 417),
ha confermato in forma delegata le potestà e le facoltà
di cui godevano in precedenza i Vicari episcopali non Vescovi ausiliari,
anche per delega o a seguito di mandato speciale (decreto arcivescovile
in data 7 luglio 2017). Al Moderator Curiae viene inoltre assegnato
il compito di Delegato ad omnia, con competenza di firma sugli atti
sinora affidati al Vicario generale.
Secondo
la tradizione della Chiesa, nelle Sante Messe celebrate nell’intero
territorio dell’Arcidiocesi di Milano domenica 9 luglio (a
partire dalle Sante Messe Vigiliari) la comunità cristiana
è invitata a pregare per l’Arcivescovo uscente e per
l’Arcivescovo eletto. In particolare, si suggerisce di inserire
tra le preghiera dei fedeli i seguenti testi:
-
Per l’Arcivescovo eletto, Mons. Mario Delpini. La grazia del
tuo Spirito lo sostenga, lo illumini e lo incoraggi nel nuovo ministero
che gli viene affidato a servizio della Chiesa ambrosiana; per questo
ti preghiamo.
- Per
il Card. Angelo Scola, che ha servito la Chiesa come Arcivescovo
di Milano. Sperimenti la gratitudine del popolo ambrosiano per il
generoso servizio di questi anni e la sua fervida preghiera accompagni
il futuro cammino della nostra Diocesi; per questo ti preghiamo.
Il
Cancelliere arcivescovile
(Mons. dr. Marino Mosconi)
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Milano,
16 giugno 2017 - Editoriale diocesano
Lettera
del card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, scritta al termine
dell’esperienza della Visita Pastorale, che ha coinvolto
tutti i decanati della Diocesi nel biennio 2015-2017.
Questo
scritto dell’Arcivescovo a «tutti i battezzati, le
donne e gli uomini delle religioni e di buona volontà»
della Diocesi.
Carissime
e carissimi,
con
questa lettera desidero raggiungere tutti i battezzati, le donne
e gli uomini delle religioni e di buona volontà, per esprimere
la mia gratitudine per il dono della Visita Pastorale Feriale
giunta ormai alla sua conclusione.
Nelle
sue tre fasi, essa ha consentito a me e ai miei collaboratori
di toccare con mano la vita di comunione in atto nella Chiesa
ambrosiana, non certo priva di difficoltà e di conflitti
e tuttavia appassionata all’unità. La preparazione
della Visita, svoltasi in modo forse un po’ diseguale nei
vari decanati, l’atteggiamento di ascolto profondo in occasione
dell’assemblea ecclesiale con l’Arcivescovo, la cura
nell’accogliere nelle realtà pastorali il Vicario
di Zona o il Decano, e la proposta del passo da compiere sotto
la guida del Vicario Generale, hanno confermato ai miei occhi
la vitalità di comunità cristiane non solo ben radicate
nella storia secolare della nostra Chiesa, ma capaci di tentare,
su suggerimento dello Spirito, adeguate innovazioni. Questa attitudine
di disponibilità al cambiamento l’ho toccata con
mano sia nelle parrocchie del centro, sia nelle grandi parrocchie
di periferia, esplose negli ultimi sessant’anni, sia nelle
città della nostra Diocesi, sia nelle parrocchie medie
e piccole.
È
stata però la Visita del Papa a farmi cogliere nitidamente
l’elemento che unifica le grandi diversità che alimentano
la nostra vita diocesana. La venuta tra noi del Santo Padre è
stata, infatti, un richiamo così forte da rendere visivamente
evidente che la nostra Chiesa è ancora una Chiesa di popolo.
Certo, anche da noi il cambiamento d’epoca fa sentire tutto
il suo peso. Come le altre metropoli, siamo segnati spesso da
un cristianesimo “fai da te”: ce l’hanno testimoniato
gli arcivescovi di grandi Chiese in tutto il mondo che in Duomo
hanno raccontato l’esperienza delle loro comunità.
Non manca confusione su valori imprescindibili; spesso non è
chiaro il rapporto tra i diritti, i doveri e le leggi… Ma
è inutile insistere troppo sull’analisi degli effetti
della secolarizzazione su cui ci siamo soffermati in tante occasioni.
Più utile, anzi necessario, è domandarci –
con ancora negli occhi il popolo della Santa Messa nel parco di
Monza, l’incontro con i ragazzi a San Siro, l’abbraccio
al Santo Padre degli abitanti delle Case bianche e dei detenuti
di San Vittore, e soprattutto la folla che ha accompagnato la
vettura del Papa lungo tutti i 99 km dei suoi spostamenti –
che responsabilità ne viene per noi? Come coinvolgere in
questa vita di popolo i tantissimi fratelli e sorelle battezzati
che hanno un po’ perso la via di casa? Come proporre con
semplicità in tutti gli ambienti dell’umana esistenza
la bellezza dell’incontro con Gesù e della vita che
ne scaturisce? Come rivitalizzare le nostre comunità cristiane
di parrocchia e di ambiente perché, con il Maestro, si
possa ripetere con gusto e con semplicità a qualunque nostro
fratello “vieni e vedi”? Come comunicare ai ragazzi
e ai giovani il dono della fede, in tutta la sua bellezza e “con-venienza”?
In una parola: se il nostro è, nelle sue solidi radici,
un cristianesimo di popolo, allora è per tutti. Non dobbiamo
più racchiuderci tristi in troppi piagnistei sul cambiamento
epocale, né ostinarci nell’esasperare opinioni diverse
rischiando in tal modo di far prevalere la divisione sulla comunione.
Penso qui alla comprensibile fatica di costruire le comunità
pastorali o nell’accogliere gli immigrati che giungono a
noi per fuggire dalla guerra e dalla fame. Ma, con una limpida
testimonianza, personale e comunitaria, con gratitudine per il
dono di Cristo e della Chiesa, siamo chiamati a lasciarlo trasparire
come un invito affascinante per quanti quotidianamente incontriamo.
A
queste poche e incomplete righe vorrei aggiungere una parola su
quanto la Visita Pastorale ha dato a me, Arcivescovo. Lo dirò
in maniera semplice: durante la celebrazione dell’Eucaristia
nelle tante parrocchie e realtà incontrate, così
come nei saluti pur brevi che ci siamo scambiati dopo la Messa,
e, in modo speciale, nel dialogo assembleare cui ho fatto riferimento,
ho sempre ricevuto il grande dono di una rigenerazione della mia
fede e l’approfondirsi in me di una passione, quasi inattesa,
nel vivere il mio compito. Ma devo aggiungere un’altra cosa
a cui tengo molto. Ho appreso a conoscermi meglio, a fare miglior
uso dei doni che Dio mi ha dato e, nello stesso tempo, ho imparato
un po’ di più quell’umiltà (humilitas)
che segna in profondità la nostra storia. Ho potuto così,
grazie a voi, accettare quel senso di indegnità e di inadeguatezza
che sorge in me tutte le volte che mi pongo di fronte alle grandi
figure dei nostri patroni Ambrogio e Carlo.
Se
consideriamo la Visita Pastorale Feriale dal punto di vista profondo
che la fede, la speranza e la carità ci insegnano, e non
ci fermiamo a reazioni emotive o solo sentimentali, non possiamo
non riceverla come una grande risorsa che lo Spirito Santo ha
messo a nostra disposizione e che ci provoca ad un cammino più
deciso e più lieto. Seguendo la testimonianza di Papa Francesco,
la grande tradizione della Chiesa milanese può rinnovarsi
ed incarnarsi meglio nella storia personale e sociale delle donne
e degli uomini che abitano le terre ambrosiane.
La
Solennità della Santissima Trinità che oggi celebriamo
allarga il nostro cuore e rende più incisivo l’insopprimibile
desiderio di vedere Dio: «Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto”. Il tuo volto Signore io cerco,
non nascondermi il tuo volto» (Sal 27 [26] 8-9a).
Angelo
Card. Scola
Arcivescovo
Nella Solennità della Santissima Trinità
Milano, 11 giugno 2017
_______________________________________________________________
Milano, 3 aprile 2017
- Editoriale diocesano
Lettera
di ringraziamento di S.E. card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano,
a tutti coloro che hanno animato, partecipato, vissuto la visita
del Santo Padre a Milano lo scorso 25 marzo, per la pubblicazione
sui vostri strumenti di comunicazione parrocchiali.
Un cordiale saluto
Lettera
di ringraziamento
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Milano,
10 marzo 2017 - Editoriale diocesano in avvicinamento
alla visita di papa Francesco a Milano il 25 marzo prossimo
PARTECIPARE ALLA MESSA CON PAPA FRANCESCO: DOMANDE E
RISPOSTE
Come
posso partecipare alla Messa?
La partecipazione alla Messa è gratuita. I fedeli dovranno
pagare solo il costo dei mezzi per il trasporto. Per iscriverti,
rivolgiti alla tua parrocchia che ti darà indicazioni anche
sui mezzi di trasporto.
Come
posso raggiungere l’area della Messa?
Le parrocchie si stanno organizzando con il pullman gran turismo
(gt) o con il treno. Le distanze da percorrere a piedi vanno da
un minimo di 15 minuti a un massimo di 45.
Come
accedo al Parco?
È necessario recarsi con il proprio gruppo di riferimento,
perché i pass per l’accesso al Parco saranno distribuiti
dai responsabili dei diversi gruppi. L’accesso al Parco
avverrà per più varchi.
Sono
una persona con disabilità
Le persone con disabilità sono state invitate a iscriversi
entro il 20 febbraio 2017. Costoro avranno un’area loro
riservata nella zona a destra del palco.
Sono
una persona anziana
L’accesso è possibile a tutti. Si tratta di valutare
la possibilità di percorrere a piedi dai 15 ai 45 minuti.
Posso
portare un seggiolino pieghevole?
Sì. In presenza di bambini è possibile introdurre
anche un passeggino.
Cosa
posso portare con me?
Gli zaini che saranno sottoposti a controlli. Sono consentite
inoltre soltanto bottiglie di plastica, anche con tappo ancora
chiuso. Non si potranno introdurre invece nel Parco e nell’area
della Messa lattine e nemmeno bottiglie di vetro.
Sono
un capogruppo-guida, posso portare all’interno del Parco
un cartello identificativo come riferimento visivo per il mio
gruppo?
Sì, se il cartello ha dimensioni non superiori a 50x40
cm. Se ha un’asticella - in plastica o in legno –
non deve essere superiore a 1,5m di lunghezza.
A
chi mi devo rivolgere in caso di necessità?
Saranno presenti gruppi di volontari che si occuperanno dell’accoglienza,
del servizio d’ordine e dell’animazione, favorendo
gli accessi lungo il Parco. Per tutte le altre esigenze o per
le emergenze saranno ovunque presenti le Forze dell’Ordine
e i sanitari.
Quali
saranno i servizi per i partecipanti alla Messa?
Ci saranno appositi punti di ristoro e numerosi bagni chimici
in più punti.
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Milano,
2 Marzo 2017 - Quinto
editoriale diocesano in avvicinamento alla visita di papa Francesco
a Milano il 25 marzo prossimo
Papa Francesco tra vocazione e missione
Tra
qualche settimana papa Francesco sarà tra noi! Il 25 marzo,
festa dell’Annunciazione, visiterà le nostre terre.
La sua venuta si colloca in profonda unità con il cammino
che l’Arcivescovo sta facendo compiere alla diocesi con
la sua visita pastorale in forma feriale e che avrà la
sua ultima fase con l’individuazione, per ogni comunità,
del “passo” da compiere per una maturità più
grande nella fede.
Per questo è tanto importante la presenza tra noi di Pietro,
nella figura di papa Francesco, che ci conferma nella fede e orienta
il cammino. Quali sono i segni di una fede più matura?
Papa Francesco fa riferimento spesso a due segni.
Il primo è la nascita nel nostro cuore del desiderio di
comunicare a tutti la gioia del vangelo (EG 1). La fede è
per sua natura missionaria. Ecco il cuore della “conversione
pastorale” (EG 25) che ci è chiesta! Questo invito
chiede di vivere in modo dinamico il nostro essere Chiesa: occorre
superare la divisione tra pastorale parrocchiale e pastorale d’ambiente.
Anche la parrocchia, ci ricorda papa Francesco, ha una vocazione
missionaria (EG 28). Per questo la pastorale ha bisogno di far
crescere quella pluriformità nell’unità, in
cui carismi condivisi, associazioni e aggregazioni ecclesiali,
lavorino perché tutti possano sperimentare nel modo più
adeguato l’appartenenza ecclesiale ed essere raggiunti dall’annuncio
del vangelo nella propria condizione concreta.
Un secondo segno importante: la fede vissuta genera decisioni
che impegnano tutta la vita. La fede ci porta a vivere la vita
come vocazione fino a maturare scelte vocazionali definitive.
Questo vale sia per il matrimonio e la famiglia, che per la vita
consacrata e sacerdotale. Per questo papa Francesco vuole che
la Chiesa tutta rifletta sul rapporto tra fede e vocazione, in
particolare per i giovani (Sinodo 2018), perché, vincendo
“la cultura del provvisorio che ci bastona tutti”,
abbiano forza di compiere scelte coraggiose per l’edificazione
del Regno di Dio e per promuovere vita buona.
+
Paolo Martinelli
Vescovo ausiliare, Arcidiocesi di Milano
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Milano, 3 febbraio 2017 - Papa Francesco viene a visitare Milano
e le terre ambrosiane.
L’intenso
itinerario che percorrerà il 25 marzo, dalle case bianche
al carcere di san Vittore, dal Duomo di Milano al parco di Monza
per la celebrazione della santa Messa, fino all’incontro
con i cresimandi allo stadio di san Siro, è il segno più
eloquente della sua volontà di essere tra noi per confermare
la nostra fede e contagiarci con la forza della sua testimonianza
missionaria.
La
Milano che si prepara ad accogliere il Papa è una città
che sta vivendo sulla propria pelle quel cambiamento d’epoca
(molto più potente di una semplice epoca di cambiamenti)
di cui papa Francesco parla spesso. La terra dei santi Ambrogio
e Carlo, questo grande tessuto urbano che copre e supera il territorio
diocesano, sta conoscendo da un lato un grande momento di risveglio
e rilancio (complice il rinnovamento avuto con EXPO); ma dall’altro
è provocata e sfidata da un contesto culturale e sociale
in forte trasformazione, che non sempre favorisce l’incontro
di popoli e di culture in una convivenza capace di conciliare
le differenze.
La
visita del Papa, a cui occorre prepararsi con cura in queste settimane,
sarà l’occasione per ravvivare il nostro contributo
a questo processo di ricerca e di ricostruzione dell’anima
della città e delle terre ambrosiane. Dall’incontro
con papa Francesco ci attendiamo di acquisire nuova consapevolezza
sulla nostra identità di popolo posto da Dio dentro la
storia, come recita il titolo dato all’evento: “in
questa città ho un popolo numeroso, dice il Signore”
(At 18,10).
Prepararsi
significa accendere momenti di confronto e di verifica, per cogliere
quanto a Milano e nelle terre ambrosiane siamo quella Chiesa “umile,
beata e disinteressata” che papa Francesco ci ha descritto
al Convegno Ecclesiale di Firenze; Chiesa “in uscita”
che svela il suo volto facendosi carico con amore generoso del
desiderio di vita dell’intera umanità, spesso dolorosamente
ferita dal male; Chiesa che pone al centro i poveri, dai quali
impara lo stesso farsi povero di Gesù.
Invitiamo
tutti, singoli e parrocchie, famiglie e consacrati/e, gruppi e
realtà ecclesiali, a fare del sussidio pubblicato dalla
Diocesi proprio in preparazione alla visita del Papa (lo potete
trovare sul sito diocesano) uno strumento di riflessione, preghiera,
confronto e dibattito tra di noi ma anche con la società
civile, perché possiamo arrivare all’incontro con
papa Francesco avendo gustato il sapore del sogno di Chiesa che
ci consegna come compito proprio con questa sua visita.
mons.
Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione
e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano
Presidente Caritas Ambrosiana
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Milano,
5 Dicembre 2016 - Editoriale a firma del Consiglio Episcopale
milanese
“In
questa città io ho un popolo numeroso” dice il Signore
(At 18,10)
Ai
fedeli della Chiesa Ambrosiana
e a tutti gli abitanti della città metropolitanae delle
terre di Lombardia
Carissimi,
Papa Francesco viene a Milano il 25 marzo 2017, solennità
dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria per il ministero
che gli è stato affidato di confermare nella fede i suoi
fratelli (Lc 22,32).
In
questa terra, laboriosa fino alla frenesia e forse incerta fino
allo smarrimento, generosa fino allo sperpero e forse intimorita
fino alla spavento, sentiamo il bisogno e domandiamo la grazia
di essere confermati in quella fede che gli Apostoli ci hanno
trasmesso e che attraversa i secoli fino a noi.
Ci incamminiamo verso l’evento della visita papale con il
desiderio che non si riduca ad esperienza di una emozione intensa
e passeggera: sia piuttosto una grazia che conforti, confermi,
orienti la nostra fede, nel nostro cammino verso la Pasqua, in
preghiera con Maria e offra ragioni e segni per la speranza di
tutti gli uomini e le donne della nostra terra.
Aspettiamo la vista di Papa Francesco quale compimento della “visita
pastorale feriale” in atto nella nostra diocesi, che si
propone di intuire il passo che il Signore ci chiede per continuare
a irradiare la gioia del Vangelo: sarà pertanto utile riprendere
Evangelii Gaudium e la Lettera Pastorale Educarsi al pensiero
di Cristo, perché sia maggiormente conosciuta e approfondita
e perché diventi realmente “anima” della vita
delle comunità, attraverso proposte di preghiera, per esempio
in momenti di prolungata adorazione, iniziative di formazione,
per esempio in occasione di catechesi per adulti e della predicazione
speciale nei quaresimali. Siamo in cammino per custodire e far
risplendere i tratti di una Chiesa umile, disinteressata e beata,
come Papa Francesco stesso ha raccomandato alla Chiesa Italiana,
nel Convegno ecclesiale di Firenze.
Ci prepariamo a ringraziare il Papa per il dono del Giubileo straordinario
della Misericordia annunciato in Misericordiae vultus. Avremo
cura che l’abbondante effusione di grazie, sperimentata
da molti, continui a portare frutto nel vivere il sacramento della
riconciliazione nelle nostre chiese e nelle chiese penitenziali
(in coerenza con quanto ci chiede il Papa nella lettera apostolica
Misericordia et misera, in cui sono richiamati anche altri aspetti
importanti del cammino successivo al Giubileo). A questo proposito
sarà opportuno che in ogni chiesa siano decisi e pubblicati
orari di presenza assicurata del confessore e potrà essere
fruttuoso che il sacramento della confessione sia celebrato anche
in forma comunitaria, come ha sperimentato il clero in Duomo,
in occasione della festa di san Carlo. A nessuno manchi mai l’offerta
della misericordia del Padre che rigenera la vita e nutre la speranza.
Dobbiamo insistere sulla conversione missionaria delle nostre
comunità e la responsabilità della testimonianza
di cui deve farsi carico ogni battezzato. “Ho un popolo
numeroso in questa città” rivela il Signore all’apostolo
scoraggiato (cfr At 18,10). I passi che le comunità decidono
durante la visita pastorale devono orientare il cammino di tutti
verso il campo che è il mondo, con le opere di misericordia
e le parole che ne rivelano l’origine e il senso. L’Arcivescovo
porterà il Santo Chiodo per le strade della diocesi durante
le Via crucis di Quaresima per accompagnarsi alle comunità
in cammino nel segno della Pasqua, con l’annuncio dell’amore
fino alla fine che conforma ai sentimenti e alla mentalità
di Cristo, al punto da rendere possibile essere misericordiosi
come è misericordioso il Padre. Nessuno deve lasciarsi
rubare la gioia dell’evangelizzazione (EG 83), che diventa
conversazione quotidiana, educazione alla fede nelle famiglie,
pratica ordinaria negli affetti, nel lavoro, nella festa. Un “popolo
numeroso” ha bisogno del Vangelo e questa nostra città
lo invoca con segni e linguaggi molteplici.
Il programma della visita di Papa Francesco è stato pubblicato:
l’intensità di quella giornata rivela l’affetto
del Papa e il suo desiderio di raggiungere tutti e noi tutti vogliamo
prepararci a ricambiare l’affetto e a farci raggiungere
dalla sua parola. Vogliamo tutti essere presenti, non pretendendo
il privilegio di essere i primi, i vicini, i preferiti, ma desiderando
la grazia di essere benedetti dentro il popolo numeroso che questa
città esprimerà in quell’occasione.
Il
Consiglio Episcopale Milanese
Milano, Solennità dell’Immacolata, 2016
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Milano, 7 novembre 2016 - Editoriale a firma di mons. Luca Bressan,
Vicario generale dell’Arcidiocesi di Milano, che introduce
il tempo liturgico dell’Avvento e l’iniziativa di
Caritas Ambrosiana per l’affido familiare
Avvento:
tempo per accogliere e generare amore
Entriamo nell’Avvento. La
successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo
momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni
e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti
di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al
terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della
campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra
identità europea alle conseguenze di una crisi economica
che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita –
l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da
custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci
lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca,
come ci ricorda Papa Francesco.
Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci
ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono
gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità;
sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha
consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci
rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.
Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori
grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno
che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti
gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo
ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure.
L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari,
che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una
simile cornice consente di comprendere il significato profondo
del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo
periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare
promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico
garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia
ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine.
L’affido è un modo concreto di fare delle nostre
vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie
scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai
figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento
non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è
anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando
gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno
saputo creare.
Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che
il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare
i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro
le vite delle nostre famiglie.
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione
e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano
Presidente Caritas Ambrosiana
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Milano,
26 ottobre 2016 - Editoriale a firma di S.E. mons. Mario Delpini,
Vicario generale dell’Arcidiocesi di Milano,
che introduce il tema della celebrazione penitenziale, con particolare
riferimento
alla celebrazione penitenziale per i sacerdoti in Duomo il prossimo
4 novembre.
La
festa della riconciliazione
Ci
sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”.
Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché
dovrei dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che
parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano
di tutto, eccetto che dei loro peccati. Insomma sembra che il
sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa.
Forse
anche per questo per alcuni la confessione è una fatica,
un imbarazzo, e molti non si confessano.
Ma
il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della
riconciliazione, per dire che il sacramento non si riduce all’opera
dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati:
è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che
accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato
e ferito per la sua vita sbagliata.
Ecco:
una festa!
La
festa non si può celebrare in solitudine, di nascosto.
Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e
cose buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti
è evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di
Dio: insieme!
Insieme
si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli
altri.
Insieme
si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una
comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia
della riconciliazione.
Insieme
si riprende il cammino verso la santità non come l’impresa
solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo santo di
Dio.
I
preti sono, anche loro, peccatori in cammino verso la santità.
Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si confessano
e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché
sperimentano la misericordia di Dio.
Per
questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4 novembre, i preti
si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare insieme il sacramento
della confessione e la festa della riconciliazione. Si può
immaginare che la gioia e la forza di quel momento condiviso siano
un buon motivo per ingegnarsi a salvare il sacramento della confessione
dalla sua riduzione individualistica. Diventerà festa condivisa
in ogni comunità che accoglie la misericordia di Dio.
S.E.
mons. Mario Delpini
Vicario Generale
Arcidiocesi di Milano
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17
Ottobre 2016 - Editoriale a firma di mons. Luca Bressan, Vicario
Episcopale
per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione
Sociale, che introduce il tema dei prossimi “Dialoghi di
vita buona”,
che si svolgeranno il 24 ottobre p.v. alle 20.30 presso il Piccolo
Teatro Studio Melato (via Rivoli, 6 – Milano).
I
Dialoghi metteranno al centro il tema della vita, analizzando
il significato di naturale a artificiale in tre mondi: la ricerca
scientifica, l’educazione e la cura, la riflessione filosofica.
Per ulteriori informazioni sull’evento: www.dialoghidivitabuona.it.
Naturale/Artificiale. Cosa sta diventando la vita?
I
Dialoghi di vita buona ripartono, con l’intenzione di aiutare
la Milano, che si vede sempre più nei panni della metropoli
europea, a trovare occasioni per ragionare sulle questioni che
decidono il nostro futuro. Non ha senso dividersi in modo pregiudiziale,
senza aver ascoltato le ragioni dell’altro: solo da un confronto
reale e profondo può nascere quella stima che fa da base
ad ogni legame sociale.
Lo
scorso anno ci eravamo cimentati con la tematica dei confini,
affrontando la questione delle migrazioni e la sfida che rappresenta
per l’Europa. In questo secondo anno i Dialoghi assumono
come filo conduttore il tema della tecnica e l’influsso
che ha nella vita umana. Da qui il titolo complessivo: Naturale/Artificiale.
L’esperienza
diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando
la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che
tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano
sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione
e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata.
Vogliamo
il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini
tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere
la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile.
Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica
e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori
fondanti la nostra vita?
Naturale/Artificiale.
Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere
umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore
legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal
nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere
e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera
sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi
sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così
grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica
di comprensione della vita umana.
Naturale/Artificiale.
Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi
significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è
uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni
in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto
dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno
degli obiettivi dei Dialoghi.
Naturale/Artificiale.
La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò
che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica,
convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi
sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in
questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di
rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo,
testimoniando che l’amore è un “superparadigma”
capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è
sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci
permette di comprendere l’utilità di un simile strumento
per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.
mons.
Luca Bressan
Vicario Episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione
e l’Azione Sociale
Arcidiocesi di Milano
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27
Settembre 2016 - Editoriale a firma di S.E. mons. Pierantonio
Tremolada,
Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione e i Sacramenti,
che introduce la proposta di Pastorale Giovanile per l’anno
pastorale 2016/2017.
La vita buona del Vangelo tra presente e futuro:
La
proposta di pastorale giovanile per l’anno pastorale 2016-2017
Il
cammino dell’anno pastorale che inizia continua con lo stesso
obiettivo dell’anno precedente: educarsi al pensiero di Cristo,
assumere lo sguardo di Gesù.
Alla domanda: “tu come la pensi?” dovremmo riuscire
a rispondere non solo offrendo un’opinione personale ma rendendo
evidente il pensiero di Cristo, facendone cogliere tutta la forza,
la bellezza, la verità. Siamo inoltre nel pieno dell’Anno
Santo della Misericordia.
Sappiamo che la misericordia è l’essenza del pensiero
di Cristo, è come il cuore per l’occhio: se il cuore
è ripiegato su di sé, gli occhi si ammalano e tutto
si sfuoca. Vogliamo dunque raccogliere nell’anno pastorale
che abbiamo davanti l’eredità del Giubileo della Misericordia,
unendo insieme il pensare e l’agire, il valutare e il decidere,
perché – come ci ricorda l’apostolo – “a
spingerci è l’amore di Cristo” (2Cor 5,14).
Il
testo guida per la Pastorale Giovanile scelto quest’anno è
Mt 19, 16-22. Il protagonista è un giovane animato da un
grande desiderio di vita. il suo incontro con Gesù potrebbe
dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma
i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita,
ed egli se ne va triste. Il desiderio di vita vera anima il cuore
di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù.
Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà
il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera. È
l’appello del Vangelo, decisivo, che arriva alla coscienza
libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero.
In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore,
la beatitudine che Gesù annuncia.
In
questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino
con i giovani e i ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore
della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è
chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la
forza della voce del Signore; lasciarsi guidare da lui a riconoscere
con umiltà i lacci che tengono avvinta la nostra libertà
e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più
veri. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà
di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
S.E.
mons. Pierantonio Tremolada
Vescovo
Vicario Episcopale per l'Evangelizzazione e i Sacramenti |